L’hanno chiamata pillola anti-Covid, una terapia da prendere per bocca ai primi sintomi, capace di abbattere in maniera significativa la carica virale,  attenuare la gravità del decorso dell’infezione da virus Sars-Cov2. Si chiama molnupiravir, arriverà presto anche da noi, e va considerata un’arma in più (poiché la vaccinazione resta fondamentale). «I farmaci antivirali di nuova generazione contro l’infezione da virus Sars-Cov2 saranno tanto più efficaci se calati in un sistema capace di garantire una diagnosi tempestiva», ha affermato Pierluigi Viale, direttore Malattie infettive, Policlinico Sant’Orsola Malpighi, Bologna, nel corso di un media tutorial tenutosi a Roma sul trattamento precoce del Covid-19 con la terapia antivirale orale.

 

C’è attesa dunque per l’arrivo della pillola a base di molnupiravir prodotta dall’americana Merck e distribuita in Europa da MSD. Questo farmaco ha già ottenuto l’ok nel Regno Unito; nei giorni scorsi l’Antimicrobial Drugs Advisory Committee della Food and Drug Administration americana ha espresso parere favorevole mentre è in corso la valutazione da parte della European Medicines Agency (EMA).

 

Tempi di somministrazione

«Gli antivirali potrebbero rappresentare una pietra angolare della terapia», dice il professor Viale. Tuttavia, la scelta del tempo giusto è decisiva per garantirne l’efficacia. «Sarà necessario avere un sistema organizzato, con una popolazione istruita consapevole». Abbiamo ormai accesso a test molto semplici e attendibili. In un mondo perfetto, ciascuno di noi dovrebbe avere la possibilità di sottoporsi al test o afferire a una struttura sanitaria in brevissimo tempo dopo la comparsa dei sintomi e, se positivo e con fattori di rischio, assumere il farmaco.

 

Senza indugi, ai primi sintomi

«Un sistema che funziona, potrebbe garantire la somministrazione del medicinale in 2-3 giorni e io sono molto propenso a credere che più breve sarà il tempo tra la comparsa dei sintomi e l’inizio del trattamento e maggiore potrebbe essere la sua efficacia», conclude il professor Viale, che invita però a evitare facili illusioni. I nuovi farmaci sono visti a volte alla stregua di una panacea, perché anche le buone idee talvolta finiscono in soffitta.

 

Ruolo chiave del medico di famiglia

La pandemia ha profondamente cambiato lo scenario tanto da demandare ai medici di famiglia il compito di individuare e segnalare precocemente ai dipartimenti di prevenzione i soggetti positivi e i loro contatti, ma anche di prendere in carico e gestire al domicilio i pazienti con manifestazioni cliniche del Covid attraverso un monitoraggio continuo e individuare precocemente i casi meritevoli di ricovero ospedaliero.

 

Diagnosi differenziale

Nella pratica clinica può essere complesso differenziare i sintomi Covid da quelli di patologie con quadri similari, ad esempio di tipo influenzale, considerando l’aspecificità del suo esordio e dei disturbi correlati alla sua fase di presentazione. Lo spettro di manifestazioni cliniche dopo contagio da Covid-19 varia,  possiamo avere poco o niente come sintomatologia così come avere interessamento dell’apparato respiratorio con tosse e affanno, fino a forme severe di polmonite che possono rapidamente progredire verso il deficit respiratorio acuto con esito infausto.

 

Videoconsulto e telemedicina

La tempestività della conferma diagnostica è essenziale per definire il percorso di cura. Durante la gestione domiciliare, ha spiegato Tommasina Maio di Fimmg, il monitoraggio evolutivo effettuato, anche con l’ausilio degli strumenti di videoconsulto e telemedicina, è particolarmente importante per valutare gli effetti delle terapie somministrate, monitorare l’evoluzione del quadro clinico ed escludere l’insorgenza di un aggravamento e della necessità di cure ospedaliere.