Mai abbandonare le terapie oncologiche, a maggior ragione durante la pandemia. Una sospensione delle cure per disordini  mielolinfoproliferativi,  leucemia mieloide cronica, sarebbe deleteria in caso di infezione concomitante da SARS-CoV-2. Lo spiega Alessandro Maria Vannucchi, ordinario di ematologia dell’Università di Firenze sulla base di uno studio che ha riguardato 175 pazienti con diagnosi di Covid-19, tra febbraio e giugno 2020. L’indice di letalità è risultato maggiore per questi pazienti rispetto al resto della popolazione generale, con un massimo del 48% per quelli con mielofibrosi. Le prognosi infauste aumentano nei soggetti che interrompono la terapia con ruxolitinib, uno dei farmaci per mielofibrosi e policitemia vera.

“La molecola, un inibitore delle proteine JAK1 e JAK2 (mutate nella quasi totalità dei pazienti), di recente è finita sotto i riflettori – spiega il professor Vannucchi – in quanto favorirebbe la soppressione della tempesta di citochine, fenomeno che lasciato a briglia sciolta incide nel danno polmonare provocato dal Covid. Serviranno comunque altri studi per capire il ruolo del farmaco nell’influenzare la prognosi dell’infezione”.

“Uno studio italiano sulla rivista The Lancet Haematology – ricorda lo specialista – ha mostrato quanto l’infezione da virus SARS-CoV-2 possa essere pericolosa nell’ambito dei tumori del sangue. Lo studio tuttavia dimostra che ruxolitinib può ridurre il rischio per alcuni di questi pazienti”. Gli ematologi hanno gli occhi puntati anche sul vaccino e su questo fronte ricordano che il Ministero ha incluso alcuni pazienti con malattie del sangue nella categoria dei super fragili, quindi prioritari. “In linea di massima si raccomanda la vaccinazione, senza controindicazioni”, rassicurano gli esperti.