La SMA, atrofia muscolare spinale, è una malattia rara neurodegenerativa di cui abbiamo parlato più volte in questi anni. Colpisce i motoneuroni inferiori nel midollo spinale e nel tronco cerebrale. Fino a un recente passato non c’era modo di fermare l’evoluzione della malattia, sono poi arrivati i primi protocolli sperimentali e infine la terapia genica, finora resa disponibile solo per i pazienti con SMA di tipo 1, la forma più grave della malattia. Ora, grazie all’ampliamento dei criteri adottato in Italia, anche i bambini con SMA di tipo 2 potranno beneficiare del medesimo trattamento, in particolare quelli con un peso massimo di 13,5 chilogrammi, e quelli presintomatici con tre copie del gene SMN2. Si tratta indubbiamente di un traguardo fondamentale, ma è necessaria di pari passo la diagnosi alla nascita per intervenire in maniera tempestiva, quando ancora i danni alle funzioni motorie sono riparabili. Lo screening neonatale per questa specifica malattia lascia a desiderare in quanto, secondo quanto riferiscono i rappresentanti delle associazioni pazienti, viene reso disponibile, al momento, in 11 regioni soltanto.
Come funziona
La terapia genica agisce direttamente sulla causa. Sostituendo la funzione del gene SMN1 mancante o non funzionante, si mira a fermare la progressione della malattia. La somministrazione avviene attraverso una singola infusione endovenosa.
L’importanza della diagnosi precoce
La degenerazione dei motoneuroni inizia prima della nascita e si intensifica rapidamente seguendo una evoluzione a cascata, di male in peggio. Ecco perché la diagnosi precoce gioca un ruolo fondamentale, occorre prevenire la disabilità ingravescente. Secondo Marika Pane, direttore clinico del Centro Nemo pediatrico di Roma e professore associato di neuropsichiatria Infantile all’ Università Cattolica del Sacro Cuore: “La somministrazione tempestiva di questo trattamento consente di ottenere risultati migliori nel rallentare la progressione della malattia”. L’aspetto rivoluzionario è che si interviene direttamente sul difetto genetico con una sola somministrazione, una sola volta nella vita del paziente risolve la questione.
Criteri Aifa
Affrontiamo questi temi perché l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha annunciato l’estensione dei profili di rimborsabilità per la terapia genica nell’atrofia muscolare spinale di tipo 2. Questa decisione permetterà ai bambini con sintomi che compaiono tra i 6 e i 18 mesi di età di usufruire del trattamento con onasemnogene abeparvovec (universalmente noto come Zolgensma, Prix Galien 2021 per la categoria ATMP Advanced Therapy). Stiamo parlando di una soluzione definitiva per una malattia che colpisce ogni anno in Italia, in media, 40-50 bambini e li rende gravemente disabili.
Volontariato
Anita Pallara, presidente dell’Associazione Famiglie SMA, ha accolto favorevolmente la notizia dell’ampliamento dei criteri di rimborsabilità, ma avverte: “Sappiamo che la terapia genica migliora la risposta del paziente quando viene somministrata quanto prima. Ribadiamo per questo l’importanza dello screening neonatale, che dovrebbe essere esteso a tutti i neonati. Accanto allo screening, sottolineiamo anche l’importanza di garantire alle famiglie il necessario accompagnamento nel percorso di cura e nelle successive fasi di follow-up post trattamento, attraverso una presa in carico da parte dei centri specializzati sull’intero territorio nazionale”.
L’ estensione dei criteri è un segnale positivo per le famiglie coinvolte, ma a questo punto è necessario pensare anche alle mamme in attesa, e alle future generazioni, per questo è opportuno che lo screening neonatale sia esteso alla atrofia muscolare spinale in tutti i centri nascita. I risultati infatti sono tanto più efficaci quanto più precocemente viene individuato il difetto genico e somministrata la terapia. In particolare, i bambini che ricevono la terapia prima del manifestarsi dei sintomi riescono a compiere le stesse tappe di sviluppo motorio dei loro coetanei, inclusa la capacità di stare in piedi e di camminare.
La scommessa
La scommessa si gioca nei primi giorni di vita dei neonati. Un prelievo di sangue indolore può individuare precocemente le eventuali anomalie che causano l’atrofia muscolare spinale (SMA). Questo test è parte del programma di screening neonatale, uno dei più importanti programmi di medicina preventiva del Servizio sanitario nazionale. Esistono, tuttavia, discrepanze legate al territorio. In alcune regioni italiane, lo screening neonatale per l’atrofia muscolare spinale è stato introdotto di routine, in altre ancora manca all’appello, si tenga presente che il rischio di ritardo nella diagnosi può portare a esiti sconcertanti. Anita Pallara, sottolinea che lo screening neonatale dovrebbe essere un diritto di ogni neonato in tutta Italia. Dal ministero, afferma, si era detto che sarebbe stato firmato un decreto ministeriale per aggiornare l’elenco delle patologie da testare, poi si diceva che lo screening sarebbe stato offerto a tutti i neonati con l’entrata in vigore delle nuove prestazioni ambulatoriali garantite nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) a partire dal primo gennaio 2025. Infine, salta fuori che le Regioni avrebbero ricevuto i fondi per eseguire lo specifico screening neonatale, ma in un numero importante di centri sembra siamo ancora in alto mare.
Per completezza di informazione, ricordiamo che alla fine di marzo il direttore generale della programmazione del ministero, Americo Cicchetti, aveva diffuso una nota nella quale precisava che “…il rinvio dell’entrata in vigore dei nuovi tariffari non comporta alcun ritardo per l’avvio degli screening neonatali per malattie come la SMA. Il provvedimento è infatti isorisorse, ovvero non prevede maggiori oneri per lo Stato”. Dalla legge di bilancio 2019 sono state incrementate le risorse alle Regioni destinate agli screening neonatali. Alcune Regioni da tempo li hanno avviati, altre invece no ed è importante, ha aggiunto Cicchetti, che sia garantito questo servizio. “Come ministero siamo al fianco dei pazienti e pronti a supportare quelle Regioni che ancora oggi non hanno avviato gli screening pur esistendo la copertura finanziaria”.
Link al video
La vita dei bambini candidabili alla terapia genica non può dipendere da procedure farraginose. È urgente garantire l’accesso equo allo screening neonatale ovunque in Italia, affinché ogni bambino abbia la possibilità di una diagnosi precoce e di un trattamento tempestivo. Questi temi, di stringente attualità, sono stati sollevati nelle pagine domenicali del Corriere Salute, ed erano stati affrontati il 23 aprile scorso a Roma in occasione di un incontro (nella foto) moderato da Luigi Ripamonti. Nessun bambino deve essere lasciato indietro, le rivendicazioni dei rappresentanti delle organizzazioni di volontariato andranno avanti fino a quando avremo tagliato il traguardo dello screening neonatale esteso.
L’approfondimento continua. Link all’intervista
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