Un deciso passo avanti è stato segnato per il futuro della cura dell’artrite reumatoide (AR) durante la presentazione in Senato del position paper “Innovare la presa in carico della persona con artrite reumatoide: dagli unmet needs alla personalizzazione della cura”. Realizzato da Altems Advisory con il contributo non condizionante di Alfasigma, il documento punta i riflettori sull’importanza della medicina digitale, dei big data e dell’intelligenza artificiale (IA) per rivoluzionare la pratica clinica.

Diagnosi precoce e formazione

“Intelligenza artificiale e medicina digitale possono innovare in profondità la pratica clinica”, afferma Florenzo Iannone, professore ordinario di reumatologia presso l’Università di Bari Aldo Moro. Iannone sottolinea come questi strumenti siano cruciali per migliorare le diagnosi precoci e personalizzare i trattamenti per i pazienti con Ar. Durante l’evento, il professore ha sfatato il mito che tali tecnologie possano distanziare medico e paziente, evidenziando piuttosto i benefici percepiti dai pazienti stessi.

Sinergia nella raccolta dati

L’intelligenza artificiale permette di raccogliere preziosi dati clinici riportati dai pazienti prima della visita tradizionale, superando i limiti dei metodi analogici dettati da tempo e risorse. Questi dati facilitano la diagnosi preliminare da parte del medico di medicina generale, che può essere confermata dallo specialista con criteri diagnostici tradizionali.

Approccio multidisciplinare

Per sfruttare al meglio queste tecnologie, è necessaria una formazione specialistica per i medici di medicina generale, considerati il primo riferimento per i pazienti reumatologici. Secondo Iannone, un paziente con fibromialgia impiega circa 3-4 anni per ottenere una diagnosi specialistica, un tempo di latenza che può essere drasticamente ridotto con l’uso di IA e medicina digitale.

Il futuro della cura dell’artrite reumatoide risiede in un approccio multidisciplinare, che abbandona la medicina di precisione in favore di una sinergia tra specialisti differenti, rendendo più agevole la gestione della complessità della condizione.

La terapia guarda avanti

L’artrite reumatoide, una malattia autoimmune cronica che colpisce le articolazioni e può causare gravi disabilità, ha visto negli ultimi anni un significativo progresso nella sua gestione terapeutica. In una dichiarazione rilanciata dall’Agenzia Ansa, Gian Domenico Sebastiani, direttore della UOC Reumatologia all’Ospedale San Camillo e presidente della Società Italiana di Reumatologia (SIR), ha evidenziato come l’introduzione di nuovi trattamenti farmaceutici abbia aperto un’era di speranza per i pazienti. Durante la presentazione del position paper “Innovare la presa in carico della persona con artrite reumatoide: dagli unmet needs alla personalizzazione della cura”, realizzato da Altems Advisory con il supporto di Alfasigma e patrocinato dalle associazioni dei pazienti Anmar e Apmarr, Sebastiani ha sottolineato l’importanza di questi nuovi approcci terapeutici. Secondo il medico, il trattamento tradizionale si basa su immunosoppressori convenzionali, come il metotrexato, utilizzato macro da oltre 40 anni. Sebastiani ha dichiarato che, sebbene il metotrexato sia efficace in una certa percentuale di pazienti, la vera rivoluzione nella cura dell’artrite reumatoide è stata rappresentata dai farmaci biologici introdotti all’inizio del nuovo millennio. Questi farmaci, attraverso un’azione mirata su meccanismi patogenetici specifici, hanno migliorato notevolmente la qualità della vita dei pazienti, permettendo in molti casi di raggiungere la remissione della malattia. Sebastiani ha messo in evidenza come queste terapie non solo migliorano il benessere del paziente, ma risultano efficaci nel prevenire l’accumulo di danni irreversibili, uno dei principali fattori di morbidità e mortalità associati alla malattia. Un ulteriore passo avanti nel panorama terapeutico è stato compiuto con l’introduzione delle piccole molecole “targeted-synthetic”, conosciute come DMARD (Disease-Modifying Anti-Rheumatic Drugs). Sebastiani ha spiegato come questi farmaci, che agiscono attraverso la somministrazione orale e sono diretti contro alcune citochine, possano migliorare l’aderenza alla terapia grazie alla loro modalità di somministrazione più semplice. Tra queste innovazioni, i Jak-inibitori (inibitori della Janus chinasi), che bloccano la via di segnalazione delle citochine pro-infiammatorie, stanno emergendo come una terapia promettente. Questi farmaci agiscono rapidamente, e nel caso sia necessaria una sospensione, cessano altrettanto velocemente il loro effetto. Sebastiani ha affermato che un numero crescente di farmaci è attualmente in sviluppo, offrendo così un panorama terapeutico in continua espansione. Con la vasta gamma di nuove opzioni terapeutiche disponibili e in arrivo, Sebastiani ha voluto sottolineare la significativa evoluzione avvenuta nel campo della reumatologia. “Tanti farmaci sono stati sviluppati, e molti ne stanno arrivando” ha dichiarato, evidenziando la possibilità di un approccio terapeutico sempre più personalizzato e mirato, in grado di rispondere meglio alle esigenze individuali dei pazienti. La combinazione di farmaci biologici e nuovi trattamenti come i Jak-inibitori segna un cambiamento radicale nella qualità della vita di chi soffre di artrite reumatoide, una malattia che, fino a poco tempo fa, era considerata non trattabile. Con gli sviluppi attuali e futuri, si delinea così un orizzonte di rinnovata speranza per milioni di persone affette da questa patologia. La SIR, unendo le forze con le associazioni di pazienti e le istituzioni sanitarie, si impegna a promuovere un approccio sempre più innovativo nella gestione della malattia, perseguendo una visione in cui ogni paziente possa ricevere le cure più adeguate e personalizzate. Il progresso scientifico e farmacologico rimane dunque una luce guida nel complesso viaggio della ricerca e della cura per l’artrite reumatoide.

Dalla parte dei pazienti

In Italia, circa 400.000 persone convivono con l’artrite reumatoide, la malattia autoimmune ha anche un impatto significativo sulla vita sociale e psicologica dei pazienti e di coloro che si prendono cura di loro. Di fronte a questa realtà, l’indagine condotta da Altems Advisory con il supporto di Alfasigma ha rivelato dati allarmanti sulla soddisfazione dei pazienti nei confronti delle terapie disponibili. Presentato in una conferenza al Senato, il position paper rivela che il 79% dei pazienti ritiene che per migliorare la propria qualità di vita sia necessaria la personalizzazione della cura. Tuttavia, quasi uno su due si dichiara insoddisfatto del piano terapeutico a cui è sottoposto. Questa insoddisfazione è profondamente radicata nella mancanza di un approccio individualizzato, capace di adattarsi non soltanto alle necessità cliniche, ma anche allo stile di vita e alle aspettative del paziente. I numeri sono emblematici: il 34% dei pazienti sente che la diagnosi della propria malattia sia stata tardiva, un dato in contraddizione con la percezione dei medici, di cui solo il 32% considera la diagnosi tardiva una pratica comune. La situazione si complica ulteriormente quando si parla di comorbidità. Mentre il 44,78% dei medici giudica positiva la gestione delle patologie concomitanti, solo il 27,91% dei pazienti condivide questa opinione. La sensazione di insoddisfazione si riflette anche sull’aderenza al piano terapeutico, fondamentale per l’efficacia delle cure. Durante la presentazione, la senatrice Elena Murelli ha sottolineato l’importanza di un approccio olistico nella gestione dell’artrite reumatoide. Il suo intervento ha messo in evidenza la mancanza di una rete di specialisti sul territorio, un vuoto che non solo influisce sulla qualità delle cure, ma che accresce anche i costi indiretti per i pazienti e le loro famiglie. “L’assistenza in presenza come a distanza, e la telemedicina, sono essenziali,” ha affermato Murelli, “come lo sono il miglioramento della diagnosi precoce e la formazione dei professionisti del settore.” Lo studio ha identificato diversi “unmet needs” (bisogni non soddisfatti) nella cura dell’artrite reumatoide, tra cui la necessità di una diagnosi precoce e una migliore comunicazione fra medici di famiglia e reumatologi. La riorganizzazione dei servizi di assistenza e un più agevole accesso alle innovazioni terapeutiche sono aspetti che richiedono un intervento urgente da parte delle autorità sanitarie. La fiducia verso il sistema sanitario non sembra, quindi, essere un dato scontato per i pazienti con artrite reumatoide. Filippo Rumi, ricercatore dell’Altems, ha dichiarato: “Personalizzare il trattamento in base alle condizioni cliniche e allo stile di vita migliora l’efficacia delle cure”. È necessario, quindi, comprendere e valorizzare le aspettative e le priorità dei pazienti, che spesso si sentono trascurati e non ascoltati. I risultati di questa indagine meritano una riflessione. Stefania Bassanini, responsabile dell’area medical affairs di Alfasigma Italia, ha richiamato l’attenzione sull’importanza di adottare un approccio interdisciplinare, integrando anche strumenti di intelligenza artificiale nella gestione della malattia. “Alfasigma, con una terapia innovativa, ha rafforzato la sua capacità di supportare la gestione della malattia da parte di tutti gli stakeholder,” ha sottolineato. L’importanza di una cura personalizzata per i pazienti affetti da artrite reumatoide è chiara e richiede un cambiamento sistematico nell’approccio ai problemi. Per garantire una vita migliore a questi pazienti, è fondamentale che le istituzioni, i medici e l’industria farmaceutica lavorino sinergicamente per affrontare i bisogni non soddisfatti e sviluppare nuovi percorsi terapeutici. Solo attraverso un approccio integrato sarà possibile migliorare la qualità della vita di chi vive con questa patologia invalidante. La scommessa è cruciale, ma i pazienti meritano supporto e attenzione nella loro lotta quotidiana contro l’artrite reumatoide.