La somministrazione dell’antinfiammatorio anakinra fatta al momento opportuno ha portato a una riduzione della letalità nei soggetti con infezione da virus Sars-Cov2. Questo farmaco selettivo approvato nell’UE e negli Stati Uniti per indicazioni quali l’artrite reumatoide aiuta a prevenire la progressione verso l’insufficienza respiratoria nei pazienti ricoverati in ospedale con Covid-19, riducendo il periodo di degenza.

Save-More è il nome del primo studio randomizzato e controllato condotto su persone a rischio, prima del ricovero in terapia intensiva, teso a dimostrare i vantaggi di un intervento tempestivo per prevenire l’aggravamento della malattia e i decessi. Oggi la presentazione dei dati emersi dall’indagine che, nel frattempo, è stata sottomessa all’Ema, Agenzia Europea per i Medicinali.

I centri italiani inclusi nello studio sono l’Istituto Nazionale Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani di Roma (centro coordinatore), il Policlinico Gemelli di Roma, l’Ospedale San Raffaele di Milano e l’Humanitas di Rozzano, gli Spedali Civili di Brescia, l’Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar (Valpolicella, Verona), l’Ospedale di Jesolo e il San Martino di Genova. La sperimentazione ha valutato la risposta nei pazienti con polmonite moderata o grave, individuando quelli a rischio di sviluppare complicanze attraverso la misurazione della concentrazione del recettore del plasminogeno urochinasi solubile, che in questo caso funge da marcatore. I trattamenti standard somministrati in associazione erano simili per i due bracci e includevano desametasone, anticoagulanti e remdesivir.

“L’impiego di anakinra antinfiammatorio nel setting di pazienti dello Studio Save-More può rappresentare un notevole vantaggio per il sistema sanitario nella gestione della pandemia” – ha precisato Matteo Bassetti, presidente della Società italiana terapia antinfettiva. “I dati a 28 giorni – ha aggiunto il professor Bassetti – dimostrano infatti una riduzione dei tempi delle ospedalizzazioni (4 giorni in meno in media in area critica, ndr) e un concreto risparmio nel carico gestionale che le terapie intensive hanno ripetutamente vissuto in questi mesi complicati”.

Spegnere la tempesta infiammatoria nei Covid-19 più severi è possibile, basta colpire la citochina giusta. In febbraio era stata annunciata infatti una pubblicazione su Lancet Rheumatology, coordinata da Lorenzo Dagna, professore associato dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, e da Giulio Cavalli, medico ricercatore della stessa struttura, che metteva a confronto per la prima volta l’efficacia di due diversi tipi di anti-infiammatori in una coorte di pazienti con forme gravi di Covid-19: l’inibitore dell’Interleuchina IL-1, anakinra, e gli inibitori di IL-6, tocilizumab e sarilumab. Secondo i risultati dello studio, a differenza degli altri, anakinra ha prodotto una riduzione sostanziale della letalità nei casi in cui la citochina giusta da colpire era la IL-1. I pazienti trattati precocemente (quando gli indicatori dello stato infiammatorio sono più bassi) sono quelli con esito migliore. L’endpoint primario da perseguire era la riduzione della tempesta infiammatoria e dello stress respiratorio, traguardo raggiunto.

“Le autorità sanitarie ci hanno chiesto di supportare questo studio clinico, così abbiamo fatto la nostra parte”, aveva dichiarato Sergio Lai, general manager Sobi Italia, esattamente un anno fa, commentando la notizia che l’Agenzia Italiana del Farmaco AIFA aveva approvato, su richiesta dal Consiglio Superiore di Sanità, l’avvio di questo protocollo. Nell’arco di 12 mesi, come si è visto, sono arrivati i riscontri sperati. Contestualmente, la casa farmaceutica garantisce che sarà assicurata la continuità terapeutica a tutte le persone già in trattamento in Italia con anakinra, per le indicazioni già approvate. La medicina ha fatto un altro passo avanti.