«Se non si riesce a fermare l’antibiotico-resistenza, sempre più diffusa nel mondo, entro il 2050 le infezioni batteriche uccideranno più persone del cancro»: a dirlo è Guido Rasi, direttore esecutivo dell’Agenzia europea dei farmaci (Ema), nel suo messaggio in occasione della Settimana mondiale di consapevolezza antibiotica.

L’utilizzo indiscriminato di antibiotici dentro e fuori i luoghi di cura e l’applicazione in molti comparti della catena alimentare, hanno prodotto mutazioni resistenti al trattamento, occorre contrastare la diffusione, dare uno stop alle infezioni oggi letali. Per questo l’Associazione Microbiologi Clinici Italiani (Amcli) ha aderito alla Giornata Europea degli antibiotici, che si celebra sabato 18 novembre, nell’ambito della settimana mondiale per l’uso prudente di antibiotici.

Agli inizi di settembre il Governo ha lanciato il Piano Nazionale di Contrasto all’Antimicrobico-Resistenza, con il coinvolgimento di tutti i settori interessati (medicina umana, veterinaria, ricerca, zootecnia).

In occasione della Giornata europea sull’uso razionale degli antibiotici, le due più importanti società scientifiche europee Escmid (European society of clinical microbiology and infectious diseases) e Esicm (European society of intensive medicine) si sono unite nell’alleanza Antarctica (Antimicrobial resistance critical care) per contrastare la resistenza antimicrobica nelle unità di terapia intensiva. L’iniziativa è stata presentata dalla Società italiana di terapia antinfettiva (Sita) a Santa Margherita Ligure.

Il tema delle infezioni da batteri multi resistenti è stato pure oggetto di un simposio all’Ospedale Santa Maria Della Gruccia di Montevarchi, al quale sono intervenuti esponenti delle società scientifiche di riabilitazione neurologica (Sirn), medicina fisica e riabilitativa (Simfer), malattie infettive e tropicali (Simit).

Prima ancora della scoperta degli antibiotici esistevano già batteri resistenti a questi farmaci nell’intestino umano. Lo ha rivelato l’analisi, pubblicata sulla rivista Genes, della flora intestinale (microbioma) effettuata sui resti di otto mummie, tre delle quali del periodo Inca, altre cinque riguardano nobili aragonesi vissuti a Napoli tra il ‘400 e ‘500. Secondo i ricercatori, una possibile spiegazione consiste nel fatto che nei luoghi in cui si conservavano i cereali si sviluppavano dei funghi che si comportavano come antibiotico naturale una volta che venivano introdotti per via alimentare.

L’Italia è uno dei Paesi dove si registra il maggior consumo di antibiotici (27,8 dosi ogni 1.000 abitanti al giorno). In Europa il consumo di antibiotici specifici per il trattamento delle infezioni letali che si vorrebbero fermare è raddoppiato tra il 2010 e il 2014. Già oggi in Europa, ci sono ogni anno 4 milioni di infezioni da germi antibiotico-resistenti con 25.000 morti (nel mondo, dati Oms, sono circa 700.000).

In Italia, secondo i dati della sorveglianza coordinata dall’Istituto superiore di sanità, la percentuale di MRSA (Staphylococcus aureus resistente alla meticillina) oscilla intorno al 33-34%, pur con ampie variazioni da laboratorio a laboratorio. Ma nel corso del tempo sono comparsi altri microrganismi multiresistenti, quali i ceppi di Enterobatteri resistenti ai carbapenemi (CPE). Tra questi, nel nostro paese è diffusa soprattutto Klebsiella pneumoniae che è resistente a quasi tutti gli antibiotici disponibili. Escherichia coli ha raggiunto da alcuni anni elevate percentuali di resistenza alle cefalosporine di terza generazione (30%) e ai fluorochinoloni (43%).

Una buona notizia è il dimezzamento della resistenza alla penicillina in Streptococcus pneumoniae, un microrganismo causa di polmoniti e sepsi che insorgono in pazienti fuori dagli ospedali, grazie alla vaccinazione antipneumococcica, soprattutto a livello pediatrico, che ha portato alla riduzione od eliminazione di sierotipi di pneumococco resistenti alla penicillina. Rimangono sempre problematici altri microrganismi multiresistenti, quali Pseudomonas aeruginosa ed Acinetobacter che provocano infezioni soprattutto in pazienti critici quali quelli ricoverati nei reparti di terapia Intensiva. A questi si sono aggiunti negli ultimi 2-3 anni gli Enterococchi resistenti alla vancomicina.

Alessandro Malpelo, QN Quotidiano Nazionale