I farmaci biosimilari possono dare risposte ai bisogni di salute emergenti e in sinergia con i farmaci biologici possono garantire l’accesso alle terapie a un numero sempre maggiore di pazienti, a prezzi più competitivi per tutte le fasce di reddito, a fianco di una riduzione dei costi sanitari. L’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha aperto ai biosimilari, auspicando che siano da considerarsi intercambiabili rispetto agli originator di riferimento. Scelta che comunque – ha specificato il Direttore Generale, Mario Melazzini – è affidata in ultima analisi sempre al medico prescrittore.

Per AIFA i biosimilari costituiscono un valido strumento per garantire l’accesso tempestivo alle terapie innovative in aree come l’oncologia, la reumatologia, la gastroenterologia e la dermatologia, rispondendo alla sempre crescente domanda di salute.

Proprio nel momento in cui si avvicinano alla scadenza brevettuale numerosi farmaci biologici, ha aggiunto Melazzini, AIFA ha voluto chiarire gli aspetti scientifici, regolatori e normativi che riguardano i farmaci biosimilari. Questa categoria di medicinali è infatti simile ai prodotti originatori biologici di riferimento per efficacia, qualità e sicurezza e rispetto ai quali possiedono il medesimo rapporto beneficio-rischio.

Un’indagine Ernst&Young per l’Italian Biosimilars Group è partita dall’analisi su 11 patologie – psoriasi, artrite psoriasica, spondilite anchilosante, artrite reumatoide, malattia di Crohn, colite ulcerosa, linfoma non-Hodgkin, leucemia linfatica cronica, carcinoma mammario, tumore al colon retto e melanoma metastatico – per il cui trattamento sono già presenti sul mercato i biosimilari.

I dati rilevati calcolando la differenza tra i pazienti eleggibili al trattamento con biologico e quelli effettivamente trattati, variano in modo significativo da una patologia all’altra, ma il fenomeno del sottoutilizzo dei biologici emerge con chiarezza.

Siamo soddisfatti dello sforzo di chiarezza e della voglia di confronto manifestato dall’AIFA con l’evento odierno – ha commentato Manlio Florenzano, coordinatore del Gruppo IBG, organo ufficiale di rappresentanza dell’industria dei farmaci biosimilari in Italia. – Il principio dell’intercambiabilità con il biosimilare apre le porte all’ampliamento della platea dei pazienti che potranno accedere ai trattamenti innovativi in uno stadio sempre più precoce della malattia.

Tutti i futuri operatori sanitari (così come i cittadini) devono avere informazioni chiare, trasparenti, convalidate sui farmaci equivalenti e biosimilari già durante la loro formazione universitaria. Da un comunicato della Società Italiana di Farmacologia (SIF) parte l’appello a sostenere una conoscenza scientifica sempre maggiore su questi prodotti. EquiBios è un progetto partito dal Corso di laurea magistrale in Medicina e Chirurgia dell’Università di Firenze e coinvolgerà tutti gli Atenei Italiani. Prevede l’utilizzo della piattaforma Moodle specificamente utilizzata per la formazione a distanza attraverso la rete (e-learning).

Nelle ultime settimane c’è un fiorire di notizie legate ai biosimilari biologici. Un’indagine condotta su 8 importanti molecole a brevetto scaduto evidenzia, nel periodo 2014-2020, la possibilità di un contenimento della spesa tra i 500 e i 755 milioni di euro (Mennini, Cicchetti et al., 2017) ma i risparmi potranno essere anche superiori, considerando prodotti biotech, ad esempio in ambito anticoagulante. Se ne è parlato a Milano in un convegno scientifico organizzato, per la prima volta in Italia, con il contributo incondizionato del colosso cinese Techdow Pharma, da poco sbarcata nel nostro Paese, leader mondiale nelle eparine.

Il tromboembolismo venoso è la terza malattia cardiovascolare più comune e la trombosi venosa profonda, sua principale manifestazione, ha in Italia un’incidenza di circa un caso ogni mille soggetti all’anno. Per queste patologie, le Eparine a Basso Peso Molecolare sono la terapia più impiegata. In particolare l’enoxaparina sodica, di cui arriva nel nostro Paese il primo biosimilare. Possibili risparmi per 27 milioni di euro nei primi 3 anni di commercializzazione della molecola.

A oltre 10 anni dall’approvazione dei primi farmaci biosimilari da parte della European Medicine Agency (EMA), oggi queste nuove opzioni terapeutiche sono entrate a far parte della pratica clinica quotidiana. In Italia, il loro consumo sta progressivamente aumentando, non solo per l’efficacia e la sicurezza che hanno finora dimostrato – sovrapponibili a quelle dei farmaci originatori – ma anche per il loro valore farmacoeconomico.

I farmaci biotech a brevetto scaduto rappresentano sicuramente un’interessante opportunità anche in cardiologia, ha dichiarato Stefano Carugo, Ospedale San Paolo, Università di Milano. Rispetto ai medicinali equivalenti, si tratta di prodotti sottoposti a controlli ancora più stringenti e a iter approvativi molto rigorosi da parte di EMA: timori e scetticismi sul loro utilizzo sono dunque infondati.

Disponibile in Italia il biosimilare rituximab di Sandoz, Rixathon, indicato per le persone con malattie ematologiche: Linfoma non-Hodgkin, leucemia linfatica cronica, malattie immunologiche e nell’artrite reumatoide. Rixathon ha ricevuto il via libera dell’AIFA, dopo l’approvazione da parte della Commissione Europea nel giugno dello scorso anno, con le stesse indicazioni del farmaco rituximab di riferimento. Dallo studio di comparazione su anticorpi monoclonali biosimilari in ematologia, ha commentato Pier Luigi Zinzani, dirigente medico associato di Ematologia, Università di Bologna, si dimostra l’equivalenza terapeutica di Rixathon al rituximab di riferimento in termini di efficacia, sicurezza e tollerabilità.

Amgen e Allergan annunciano che Kanjinti (ABP 980), biosimilare di Herceptin (trastuzumab), ha ricevuto il parere positivo del CHMP nelle stesse indicazioni terapeutiche del farmaco di riferimento, che comprendono carcinoma mammario metastatico HER2-positivo, carcinoma mammario precoce in fase iniziale HER2-positivo e adenocarcinoma metastatico HER2-positivo dello stomaco o della giunzione gastroesofagea. Michelino de Laurentiis, Direttore di Oncologia Senologica nell’Istituto Nazionale Tumori Pascale di Napoli, entra nel dibattito sull’accesso ai farmaci innovativi per patologie oncologiche sostenendo che i biosimilari sono una grande promessa, soprattutto per molecole come trastuzumab, che hanno cambiato la storia del tumore al seno e così diffusamente utilizzate. Kanjinti è il secondo biosimilare oncologico, firmato Amgen Allergan. Il primo è stato MVASI (biosimilare di bevacizumab) che ha ricevuto l’autorizzazione all’immissione in commercio da parte della Commissione Europea lo scorso gennaio.

Alessandro Malpelo, QN Quotidiano Nazionale