“LA WBSC (Confederazione Mondiale Baseball Softball) ci chiede di chiarire alla stampa sportiva italiana che i tornei olimpici di baseball e softball ai Giochi 2020 di Tokyo saranno a 6 squadre. Per quanto riguarda il metodo di qualificazione, sul tavolo ci sono diverse proposte e la composizione dei tornei qualificatori è ancora in discussione. Una proposta della WBSC verrà sottoposto al Comitato Olimpico Internazionale (IOC) nei primi mesi del 2018”.
E’ questo il testo dell’ultimo comunicato inoltrato dalla federazione italiana baseball softball. Le Olimpiadi sono in programma nel 2020 ed è meglio spiegare che, se il torneo olimpico sarà a sei squadre, non sarà giusto coltivare grandi illusioni, perché se dobbiamo cominciare a mettere in ordine un po’ di nazioni – Stati Uniti, Cuba, Giappone e Olanda, i primi nomi che ci vengono in mente – gli spazi per gli azzurri, che pure erano ad Atene 2004, inevitabilmente si restringeranno.
Però, da addetto ai lavori, ma anche da semplice appassionato, visto che la stagione 2017 è andata in archivio (con lo scudetto vinto meritatamente da Rimini, che ha saputo cambiare pelle e ritmo nel momento giusto) e si comincia a pensare al futuro, vorrei sapere come sarà il prossimo campionato di vertice (sarà ancora Ibl? O cambierà l’etichetta). E, soprattutto, quante squadre vi parteciperanno e quale potrebbe essere la formula?
Bisogna prendere delle decisioni, bisogna prenderle in fretta e avere il coraggio di portare avanti, certe strategie, per un periodo di almeno 3-5 anni. Continuare a cambiare formula ogni anno – anche se bisogna tenere conto che alcuni club, magari, a un certo punto ridimensionano ambizioni e budget (e su questo la federazione può fare ben poco) – dispensa solo incertezze.
Più incertezze ci sono e meno tifosi andiamo – e dico andiamo, perché vorrei vedere un movimento più compatto, ancorché con idee diverse – a intercettare. Più le tribune sono vuote e meno sarà l’appeal del baseball sul mondo della pubblicità e sul mondo dei giovani. Ci apprestiamo a vivere una stagione nella quale, sui diamanti, potrebbe anche non esserci un italiano (in fondo sarà sufficiente che il roster abbia il 50 per cento di connazionali, ma questi non avranno garanzie di giocare) e questa, crediamo, sarà una scelta che sconteremo più avanti (ma il flop della Nazionale italiane e i problemi del basket, che hanno aperto indiscriminatamente le frontiere non hanno insegnato nulla?).
Ma tant’è. Il prossimo campionato sarà così. Però occorre anche una certa fermezza. Per consentire ai club di programmare. Se ogni anno il giocattolo verrà smontato e rimontato, con il pur nobile fine di migliorare il prodotto, regneranno solo confusione e caos, dubbi e incertezze. Il baseball, lo sport che tutti (o quasi…) amiamo, ha bisogno di certezze. Ha bisogno di regole. E di programmi da portare avanti, senza che, ogni stagione, si invochi una sorta di rivoluzione. Regole (che magari non piaceranno a tutti, perché l’unanimità di consensi è difficile da ottenere) e certezze. Per un baseball italiano di nuovo al vertice.