Un ritorno in Nazionale, per cercare di conquistare la sua quarta Olimpiade. Claudio Liverziani ha messo in fila, da giocatore, le esperienze ad Atlanta, Sydney e Atene. Adesso, da tecnico, anzi, da hitting coach – di fatto allenatore dei battitori – sogna di arrivare fino a Tokyo, perché il baseball è la sua vita. Nei giorni scorsi, Claudio, ha concesso un’intervista proprio a il Resto del Carlino. Che un giocatore o un allenatore parli non è una notizia, però Claudio è uno che, pur avendo un’ottima proprietà di linguaggio e mille cose da raccontare, preferisce evitare le luci della ribalta. E’ stato così, lo vogliamo ricordare, anche nel momento del suo ritiro. Se andate a rileggere i giornali (non solo il Carlino) del 5 e 6 ottobre, troverete risposte tutte uguali. Il motivo? Semplice: Claudio aveva scelto di uscire in punta di piedi, senza pretendere le luci della ribalta o una standing ovation. E una volta presa la decisione che aveva maturato già da alcuni mesi, aveva affidato all’ufficio stampa della Fortitudo UnipolSai Bologna (l’ottimo e puntuale Claudio Adelmi) il suo pensiero. Aveva risposto alle chiamate dei cronisti, Claudio, ma solo per declinare l’offerta di intervista. “In questo momento non me la sento”, la sua risposta. Così, ogni tanto, mi sono permesso di importunarlo, strappando una promessa: “Il giorno che deciderò di parlare, sarai il primo a saperlo”. Ci siamo sentiti in questi mesi, ci siamo scambiati dei messaggi, ma sempre in chiave informale. Poi, una settimana fa, il messaggio che, come ha scritto Claudio, quasi quasi mi ha fatto svenire: “Riusciamo a organizzare la famosa intervista?”.
Ci siamo riusciti. Ed è uscita, una volta di più, l’immagine di un uomo appagato (come giocatore) ma ancora desideroso di mettersi a disposizione del suo mondo (sportivo) senza trascurare gli affetti famigliari, dalla moglie Maya ai figli Davide e Gabriele. Claudio oggi continua a lavorare per Unipol Banca e a portare avanti una seconda attività nella quale si occupa di marketing e comunicazione. Il baseball, però, fa parte della sua vita e quello che può regalare ai suoi “eredi”, in materia di esperienza e consigli, è qualcosa di assolutamente unico. La Nazionale lo ha voluto, lui ha detto sì perché l’impegno, ora, pur essendo un programma a lunga scadenza che potrebbe portarlo a Tokyo, gli consente comunque di gestirsi tranquillamente. Presto, forse, potrebbe mettersi in gioco, con una frequenza maggiore, proprio per la Fortitudo Baseball, con la quale ha vinto tutto e, soprattutto, la metà degli scudetti conquistati dall’Aquila dal 1953 a oggi. C’è un altro aspetto, del Liverziani giocatore, che mi ha colpito: ovvero che abbia conservato pochi dei suoi cimeli. Maglie, mazze, guantoni. “Ho conservato pochissimi oggetti, preferendo regalarli, perché non sono mai rimasto attaccato alle cose”, le parole di Claudio. Che regalando questi “cimeli” dimostra una volta di più il suo spessore, perché ha fatto felici tanti tifosi. E forse, proprio questo atteggiamento, preludeva al futuro che Claudio, da giocatore, si stava preparando. Oggi che ha smesso di giocare, è pronto per una nuova avventura. Quella del tecnico, che dovrà regalare ai suoi giocatori, l’esperienza e il talento. E con un Liverziani in più, la Nazionale, ne siamo sicuri, potrà tornare agli antichi fasti. Magari con un gruppo di italiani quale era quello nel quale Liverziani è cresciuto, da Urbani a Fochi, da Ceccaroli a Vecchi, da D’Auria a Betto, senza dimenticare De Franceschi. Una bella Nazionale. Per recuperare spazio e visibilità nei media, il baseball, come tutte le discipline (figlie di un dio minore), ha bisogno di una Nazionale che faccia da traino a tutto il movimento. E con Claudio Liverziani…