Un preolimpico da quinto posto che potrebbe anche essere, paradossalmente, un risultato accettabile per l’Italia. Solo che stiamo parlando del baseball, che il preolimpico si è giocato in casa, tra il Gianni Falchi di Bologna e il Nino Cavalli di Parma e che, il quinto posto, è stato ottenuto su un lotto di sei squadre partecipanti. E quinti su sei…

Peggio dell’Italia – 2 vittorie e 3 sconfitte, stesso bilancio della Spagna, ma scontro diretto perso con gli iberici – solo il modesto Sud Africa, cinque partite, cinque sconfitte. E lasciamo da parte, proprio con la Spagna, l’indegna gazzarra finale, attribuibile, numero di squalifiche comminate dalla Wbsc, più agli iberici che agli azzurri.

Quinto posto che significa essere fuori dalle Olimpiadi di Tokyo. E fuori anche dalla possibilità di giocarsi un’altra chance olimpica tra qualche mese.

Un quinto posto che segue l’argento agli Europei. Argento vero e di spessore perché migliora, comunque, la precedente esperienza continentale.

Quinto posto all’olimpico e tempo di bilanci e forse di scelte. Giusto continuare con Gibo Gerali nei panni del manager o cambiare pagina? Magari con Marco Nanni, attuale manager del Castenaso, che nel terzo millennio è uno degli allenatori più vincenti (anche a livello internazionale, tre Coppe dei Campioni per lui) del panorama italiano.

Cambiare tanto per cambiare, certo, non avrebbe senso. Ma il baseball, che è uno sport anche e soprattutto di numeri, ci invita a prestare attenzione alle partite giocate dall’Italia.

Attenzione, non parliamo di risultati, ma dell’andamento delle partite stesse.

Non solo al Preolimpico, ma anche agli Europei. Perché al di là dell’argento (meritatissimo, bellissimo) il campanello d’allarme era già suonato anche prima, in Germania.

Quale campanello? Quello di una squadra capace sì di qualche big-inning (con la potenza di Colabello, Mineo e Mazzanti in fondo non è impossibile) in attacco, ma incapace, spesso e volentieri, di arrestare autentiche emorragie difensive.

Non ci credete? Proviamo a esaminare qualche numero: 3 punti subito dal Belgio nell’ottavo inning e 2 al passivo, con la Spagna, nel sesto, senza riuscire in qualche modo a incidere subito sulla partita, a mescolare le carte e confondere le idee ai rivali. Ad arrestare la furia avversaria. Con Belgio e Spagna, almeno all’Europeo, punti subiti che non hanno portato sconfitte.

E nella vittoria con la Germania (in caso di sconfitta avremmo rischiato di restare fuori dal preolimpico) 4 punti al passivo nel primo inning, difficilissimi da rimontare.

Con Israele, sempre in Germania, ancora peggio 5 punti al quarto inning. Un quarto inning che è parso una maledizione (non solo all’Europeo): 5 i punti al passivo nella finale con l’Olanda. Con tante avvisaglie che, forse, suggerivano di cambiare qualcosa prima. Di provare strade diverse per limitare la potenza, indiscussa, degli olandesi.

E al preolimpico: 3 punti nel primo inning, nel match d’esordio, con il modesto Sud Africa. Con il risultato che, pioggia a parte, si è dovuti arrivare fino al decimo (nel recupero) nello stesso giorno in cui dovevamo affrontare Israele (e l’impegno supplementare se non ha danneggiato l’Italia sicuramente non l’ha aiutata…).

Proprio con Israele – mille occasioni mancate per passare in vantaggio – 6 punti al passivo nell’ottavo inning. Dando sempre l’impressione di prendere una decisione tardiva. E di fare comunque la scelta sbagliata.

Con l’Olanda, solito blackout del quarto inning, 4 punti al passivo, replicato all’ottavo, altri 4 punti per cancellare qualsiasi speranza di piegare i tulipani.

Conti alla mano sono almeno tre partite all’Europeo (se non di più) su sette disputate, con andamento incerto. Tre gare rivedibili al preolimpico, sulle cinque in programma. Statistiche alla mano la percentuale di errore, sei gare su dodici, è pari al cinquanta per cento.

Una percentuale di errori troppo alta: la Nazionale ha bisogno, crediamo, dell’esperienza e delle capacità di Marco Nanni.