Alle 19 del 14 novembre il primo fiume italiano, e il quinto europeo per portata media, ruppe gli argini in Polesine: nella mezz’ora successiva altri due squarci a poca distanza l’uno dall’altro provocarono una catastrofe naturale tra le più drammatiche della storia recente italiana, la più estesa inondazione del secolo con almeno 1170 chilometri qua- drati di terreni sommersi. Furono spazzati via o danneggiati una sessantina di chilometri di argini e quasi mille chilometri di strade, ventisei ponti, cinquemila fabbricati e quasi quattordicimila aziende agricole. Quattromila abitazioni rimasero prive di acqua potabile, gas ed energia elettrica. Adria venne completamente inondata, trentamila persone furono bloccate in città per ore pri- ma di venire sfollate.

Più della metà della popolazione della stessa Rovigo fu costretta alla fuga. «Attenzione, appello a tutti gli utenti in ascolto» fu l’immediato allarme lanciato dai radioamatori. «A causa dello straripamento del Po in Polesine sono stati interrotti tutti i collegamenti telefonici e telegrafici…» Si salvò in parte l’Alto Polesine, grazie alla febbrile opera delle popolazioni che riuscirono con sacchi di terreno e barriere sopra gli argini a impedire lo straripamento.

Era il 1951: esplodeva la guerra di Corea mentre nasceva a Parigi la Comunità del carbone e dell’acciaio, il primo nucleo dell’Unione europea, e De Gasperi guidava il governo italiano. Nasceva l’Eni, per ini- ziativa di Enrico Mattei. Alzava il sipario il Festival di Sanremo, il salario medio sfiorava le 32 mila lire, il caffè costava 30 lire, un litro di latte 75 e un litro di benzina 116. Il prezzo della Lambretta Innocenti era di 120 mila lire.

(tratto da Cronache dal grande fiume, Edizioni Minerva 2021)