L’ALLARME era stato lanciato, tuttavia non preso sufficientemente sul serio. E così mentre si conclude lo spoglio dei voti e si proclamano i primi vincitori non si può non sottolineare come l’astensionismo l’abbia fatta da padrone. Sarà stata la data scelta (al termine del lungo ponte del 2 giugno) saranno state le condizioni climatiche fatto sta che ancora una volta tanti (troppi) italiani hanno preferito star lontani dalle urne. Che fanno i nostri politici?
Filippo F. Milano

CONSOLIAMOCI, poteva andare peggio. Nel 2014, alle amministrative che si tennero insieme alle Europee, si registrò una partecipazione intorno al 70%. Ora ci si è attestati al 62 per cento (contro il 67,42% di 5 anni fa), un dato che significa come probabilmente anche l’antipolitica, fattasi partito o movimento, comincia a fare il suo tempo e che anch’essa non è più in grado di mobilitare del tutto gli elettori. Immaginiamo che nelle prossime ore si tornerà a discutere del mancato secondo giorno di urne aperte, dimenticandosi che in tutta Europa si vota un solo giorno, magari di giovedì e sino alle 18. Negli ultimi anni i “non votanti” sono aumentati in modo vertiginoso. Certo, ha influito la caduta degli sbarramenti ideologici, ma anche una disaffezione alla politica conseguente a piccoli e grandi scandali di cui le forze politiche, nessuna esclusa, si sono rese responsabili. Però se l’affluenza alle urne è un indicatore del corretto funzionamento del rapporto tra cittadini e istituzioni, è arrivato il momento di preoccuparsi. Perché di una cosa siamo certi: la gente non diserta le urne perché non ha tempo di andare a votare.

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