COME NOTO, il 23 giugno si terrà nel Regno Unito il referendum promesso dal premier David Cameron sulla permanenza o meno della Gran Bretagna all’interno dell’Unione Europea. Il timore della Brexit ha compattato un largo fronte europeista, che va dal Labour Party ai Tories al punto tale da portare due ex premier britannici, un tempo avversari, a lanciare un appello congiunto contro lo spauracchio dell’uscita dall’Ue. Basterà? Filippo B. Milano

LA PAURA di un avversarsi dello scenario di Brexit è in queste ore in primo piano nelle sale operative, dopo che gli ultimi sondaggi danno gli «out», ossia i No all’Europa, in vantaggio di ben dieci lunghezza su chi invece è a favore dell’appartenenza all’Ue del Regno Unito. In attesa che i cittadini britannici decidano il loro destino e, con ogni probabilità, quello di tutto il continente, il motore dell’Unione si esercita nel passare dal minimo al folle e viceversa. E l’impressione che se ne trae è che, anche a prescindere dall’esito del referendum, i bei tempi della facile emigrazione nel Regno Unito a fare i lavapiatti meglio pagati che in Italia, stiano per finire. Se anche la Gran Bretagna rimanesse nell’Unione, il malcontento e la tensione sociale non ne sarebbero affatto alleviate, ma semmai aggravate, incentivando l’odio dell’impoverita middle class inglese contro gli immigrati, anche italiani e spagnoli. Con buona pace di chi continua a ripetere che l’Unione assicura amicizia tra i popoli europei.  [email protected]