ESSERE IN TESTA è un vantaggio, ma «la partita è aperta»; andare al ballottaggio partendo da sfavoriti «è come arrivare alla finale di Champions partendo dai preliminari». Se poi si perde per un soffio l’accesso al ballottaggio all’ultimo voto, «è come perdere una finale ai rigori». I commenti del dopo voto sono stati improntati tutti ai riferimenti calcistici: va bene che stanno cominciando i campionati europei, ma mi sembra una mancanza di fantasia…

Fabrizio L., Milano

PROPRIO COSÌ, da Roberto Giachetti a Giorgia Meloni, da Giuseppe Sala a Stefano Parisi, in questa campagna elettorale si sono sprecate le metafore calcistiche. E d’altro canto il gergo calcistico è quello che in Italia è di più immediata comprensione, molto più delle vecchie alchimie politiche. Perché ha il doppio merito di essere molto diffuso e anche molto preciso, con significati netti che non lasciano spazio a dubbi e interpretazioni. Se parla di calcio il politico, accusato di far parte di una casta, si pone sullo stesso livello della gente comune. E non è più neanche sessista, visto che il pallone oramai è seguito e compreso benissimo anche dalle donne. Dunque, trovata questa miniera, nessun candidato oramai molla la presa. Fra due domeniche, si va al ballottaggio: l’attenzione degli sfidanti, c’è da scommetterci, sarà quella di stare attenti a «non cadere in un insidioso contropiede», sperando alla fine di «segnare almeno un gol in più dell’avversario». Per i programmi c’è tempo…

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