di Alessandro Farruggia

Haftar addio? Secondo tre media libici, il Libyan Observer, il Libyan Express e la Tv AL Nabaa, il generale libico Khalifa Haftar e’ morto. La notizia è stata confermata anche dal corrispondente in libia dell’agenzia russa RIA Novosti e da una fonte nel consiglio presidenziale di Tripoli. Ma a sera non c’è ancora una notizia ufficiale e quindi le fonti diplomatiche occidentali al momento non confermano la notizia. Anzi. Al Arabiya, citando fonti libiche, in serata ha diffuso la notizia di un colloquio telefonico tra l’inviato speciale delle Nazioni Unite Ghassan Salame’ e il generale Khalifa Haftar, “che _ ha detto al Arabiya _ hanno discusso gli sviluppi della crisi libica”. E se hanno discusso, Haftar non è morto. La tv smentisce così in maniera clamorosa le notizie circolate sulla morte del capo dell’Esercito libico.

E successivamente, ciliegina sulla torta, è lo stesso UNSMIL a smentire con un tweet. L’inviato Onu Ghassan Salamè avrebbe “discusso con il maresciallo Haftar la situazione in Libia”.

L’uomo forte di Bengasi era ricoverato all’ospedale militare Val De Grace di Parigi per un’emorragia cerebrale che l’aveva colpito il 4 aprile in Giordania, dove era in cura da tempo per un tumore al cervello. Dopo l’emorragia cerebrale, Haftar era stato trasferito l’indomani a Parigi.

Nonostante il tumore il generale Haftar non aveva dismesso il suo progetto di diventare il leader di tutta la Libia e il 26 marzo aveva rifiutato una offerta fattagli due settimane prima da emissari del presidente del governo di unità nazionale al Sarraj di condividere il potere in vista delle prossime elezioni presidenziali. Haftar stava invece stringendo i rapporti con gli americani come aveva fatto con i russi e i francesi e a fine marzo si era incontrato in Giordania con alcuni generali di Africom, il comando americano per l’Africa e aveva fornito ampie assicurazioni sulla sua colaaborazione con l’America sul fronte della lotta al terrprismo. Ma per l’ambizioso Haftar _ un uomo la cui fama e’ probabilmente superiore ai risultati ottenuti _ il destino era in agguato.

Ex compagno d’armi di Gheddafi nella “rivoluzione verde” caduto in disgrazia dopo la disastrosa spedizione libica in Chad del 1987, Haftar guidò il progetto di golpe anti Gheddafi allestito dalla Cia e riparò poi negli Stati Uniti, dove Haftar venne considerato per anni “un asset” della Cia, una carta di riserva da giocare sullo scacchiere libico se e quando fosse necessario. Il momento venne con la rivolta contro Gheddafi, anche se non è chiarose la decisione di tornre in Libia ed abbracciare la causa della rivolta fu più sua che di Langley. Di fatto, forse giocando sull’equivoco e sul suo passato di comandante della spedizione in Chad, Haftar raccolse una sua milizia. Ma gli serviva di più per contare davvero, per rendere le sue mire realistiche. E così oso’.

 Quattro anni  fa apparve in TV per annunciare l’inizio dell’Operazione Dignita’ per riprendere il controllo di Bengasi, dichiarando la sua “guerra al terrore”, sospendendo la Costituzione ad interim e la sua subordinazione al governo di Tripoli, in pochi lo presero seriamente. Sembrava a tutti l’ennesimo episodio di una guerra civile fatta di tanti piccoli conflitti interni. Al tempo Bengasi era sotto la giurisdizione di diverse milizie islamiste, e pareva a tutti inverosimile che il generale riuscisse a sottrargliela. La seconda citta’ libica nel maggio 2014 era terra di nessuno, divisa tra milizie, tagliagola e radicali islamici. Oggi Bengasi e’ sotto il controllo dell’Esercito dell’est. Haftar, nel frattempo, si era trasformato: da piccolo signore della guerra ad attore politico militare di primo piano sulla frammentata scena libica. Una parte del futuro del Paese passava senz’altro da lui, dall’uomo forte della Cirenaica. Militare di professione, Haftar – in piena guerra civile – capi’ in fretta che il miglior modo per emergere come un attore importante nel caos libico era riorganizzare quel che restava delle Forze Armate libiche che erano sopravvissute agli otto mesi di campagna militare della Nato nel 2011. Per ingrossare le fila del nuovo esercito, Haftar decise cosi’ di fare pressioni sul secondo parlamento libico, quello di Tobruk (non riconosciuto dalle Nazioni Unite), che dapprima tententenna ma poi lo sostiene. Convince l’assemblea a varare una legge di amnistia generale, per far rientrare tutti quegli ex ufficiali del regime di Gheddafi che nel frattempo si erano nascosti in Egitto o in qualche luogo remoto dell’immenso sud desertico del Paese. In qualche modo, funziona, con estrema difficolotà viiene riconquistata Bengasi e le Forze Armate Libiche (LAF) sono oggi a forza militare piu’ rilevante del Paese e e stabilito gia’ delle loro basi nell’ovest, a Zintan e Wershafa in particolare, cosi’ come al sud. Dal punto di vista politico, Haftar ha incassato il sostegno dell’Egitto, della Francia, degli Emirati Arabi Uniti e della Russia, e alla fine è parso certamente piu’ solido di Fayaz al Serraj, il primo ministro del Governo di Accordo Nazionale della Libia, riconosciuto dalla Comunita’ internazionale. E di questo alla fine anche l’Italia ha dovuto suo malgrado prendere atto.

Morto o meno, e’ possibile che l’ictus di fatto lo metterà fuori gioco e per la Libia rischia di aprirsi una nuova fase di ulteriore instabilità e di una lotta di potere in Cirenaica, dove la notizia della malattia aveva iniziato a far emergere fratture nel blocco che sosteneve Haftar. Le tribù della Cirenaica che lo appoggiavano si sono infatti spaccate e hanno reagito con forza alla decisione del generale di nominare colonnelli due suoi figli, probabilmente in vista di un passaggio di testimone. Nel breve periodo, se Haftar sarà fuori gioco,  c’è da attendersi un periodo di caos, almeno fino a che non emergerà un nuovo uomo forte. Visto che Haftar controllava oltre metà della Libia ci sono preoccupazioni per le infiltrazione terroristiche e per la ripresa del flusso di migranti, tenuto relativamente sotto controllo in Tripolitania dopo l’accordo tra l’Italia e alcune ben note milizie ma secondario in Cirenaica: la scomparsa di Haftar, se sarà confermata, potenzialmente apre spazi ai trafficanti per aprire una nuova rotta dalla Cirenaica verso l’Italia. Ma le conferme latitano. A quanto pare chi lo ha dato per spacciato ha venduto la pelle dell’orso prima di averlo ucciso.