imageDiciamolo chiaramente. A dispetto della propaganda del Casa Bianca e delle distratte ricostruzioni di una stampa in larga maggioranza  poco attenta alle questioni climatiche, la nuova versione del Clean power plan annunciata ieri dal presidente Barack Obama è poco più di un pannicello caldo. Una operazione che serve solo a presentarsi al vertice climatico di Parigi del prossimo dicembre con la coscienza apparentemente pulita, e spingere assieme al grande inquinatore mondiale, la Cina, per un accordo che consenta all’asse Washington-Pechino di governare il cambiamento delle politiche energetiche secondo le loro necessità e convenienze economiche e politiche.

Ma veniamo ai numeri. Obama ha promesso un taglio delle emissioni del 32% rispetto al 2005, ma questo dato nasconde una doppia truffa. Innanzitutto è riferito solo alle emissioni del settore elettrico, che è pari al 30% circa delle emissioni totali degli Stati Uniti, e poi è riferito al 2005 e non al 1990, anno standard per le negoziazioni climatiche. Che significa? Nel 2005 le emissioni americane hanno avuto il loro picco, tagliando da lì è piu facile fare numeri elevati che impressionino il pubblico, mentre gli altri paesi _ l’Ue i primis _ taglia davvero rispetto al 1990. Il settore energetico americano aveva infatti prodotto nel 1990 1886 milioni di tonnellate di Co2 equivamente, salite nel 2005 a 2445 milioni di tonnellate. Un taglio del 32% rispetto al 2005 fa 728,6 milioni di tonnellate, pari solo al 10.8% delle emissioni totali degli Stati Uniti esclusi i sink, che quell’anno ammontavano a 7253,8 milioni di tonnellate. E il 10.8% è molto meno impressionate, visto che nel frattempo l’Europa ha già tagliato dell’8% rispetto al 1990, si è impegnata a tagli del 20% al 2020 e il 23 ottobre 2014 ha deciso di salire ad “almeno il 40% al 2030”. Sermpre rispetto al 1990. Ma il quadro è ancora più grigio se si compara il taglio al 1990. Dato che (sink esclusi) le emissioni americane ammontavano nel 1990 a 6233 milioni di tonnellate di Co2 equivalente, le riduzioni annunciate da Obama ammontano infatti a…un aumento del 3.8%, sink esclusi, rispetto al 1990.

gasE poi c’è la seconda truffa. Obama dice che il settore elettrico dovrà ridurre la generazione con carbone dall’attuale 40% al 27%. Ottimo, in teoria, visto che carbone emette molta più Co2 del petrolio o del gas naturale. Peccato che il carbone sia già in crisi e abbia perso solo quest’anno il 7% della quota del mercato elettrico americano (dismesse centrali per 23 GW) e che secondo Blomberg New Energy Finance le emissioni del settore elettrico siano già scese del 15.4% rispetto al 2005. L’obiettvo quindi è un mero 16.6% di riduzione ulteriore delle emissioni del settore elettrico americano. Ben altra cosa rispetto ai fuochi artificiali di chi esalta la “svolta” che altro non è che un modesto piano di mitigazione delle emissioni e che per efficacia si pone probabilmente al quarto posto tra le misure anti cambiamento climatico della aministrazione Obama dopo il piano di stimoli alle rinnovabili del 2009, l’innalzamento degli standard di efficienza energetica per aiuto e camion, e l’innalzamento degli standard per gli inquinanti (mercurio e altri) nelle centrali elettriche (che in 5 anni da solo ha messo fuori gioco 200 centrali a carbone). Non è un male, e sicuramente i repubblicani farebbero ben di peggio, remando in direzione opposta, decisamente a favore dei combustibili fossili. Ma, ammesso che riesca a diventare operativa (si stima che almeno 25 Stati americani siano contrari e alcuni come Wyoming e West Virginia, grandi produttori di carbone, sono pronti al ricorso davanti alla Corte Suprema) non è certo una rivoluzione. E’ fumo negli occhi.