di Alessandro Farruggia

1985, 1994, 2003. Craxi, Berlusconi, Berlusconi.  I condono è diventato una costante della politica italiana. E non a caso, perchè produce (malsano) consenso. I condoni si sono dimostrati criminogeni perchè una volta annunciati hanno sempre spinto i malintenzionati a costruire rapidamente per poi presentare domanda di condono e regolarizzare l’immobile. Secondo il Cresme (Centro Ricerche Economiche Sociali Mercato Edilizia) l’effetto annuncio del primo condono «avrebbe provocato l’insorgere, nel solo biennio 1983/4, di 230.000 manufatti abusivi». Una grande città.

Adesso Silvio Berlusconi, in una intervista a Radio 24 sembra riproporre l’idea, dopo il naufragio del ddl Falanga e delle leggi regionali come quella campana. “C’è la possibilità di una sanatoria edilizia _ dice Belusconi _ per i casi di quello che si chiama abusivismo di necessità, solo se si restringe con il massimo rigore il concetto di necessità”. Ventila la possibilità di quello che potrebbe essere il suo terzo condono, anche se la Lega frena e afferma che le case abusive vanno abbattute. “Dico no, dico fortemente no _ giura Matteo Salvini _  a ogni ipotesi di condono per abusi edilizi: il nostro territorio è già troppo cementificato, occorre abbattere tutte le costruzioni abusive, a partire dalle zone più a rischio”. Giusto, anche se praticamente non lo si è (quasi) mai fatto. Ma già sarebbe parecchio non annunciare nuovi condoni ed evitare ondate di cemento aggiunto.

Pessimo affare per l’ambiente, specialmente in un paese duramente esposto al rischio idrogeologico sia per cause strutturali sia per il carico di una urbanizzazione caotica, troppo spesso senza regole e non di rado con costruzioni fatte nel posto sbagliato,  i condoni sono anche un pessimo affare per lo Stato. Sempre il Cresme rilevava nel 2015 che, a fronte di un importo medio di 15mia euro versato per ogni singolo abuso, gli enti locali ne hanno spesi in media 100mila per portare strade, fognature e altre infrastrutture ai nuclei illegali. Un disastro.

Anche senza condoni, l’abusivismo è un fiume carsico, e mentre sono scesi i permessi a costruire, l’abusivismo _ presente soprattutto nelle regioni del centro-sud _ è rimasto stabile, diventando percentualmente più rilevante. Scrive l’Istat nel rapporto Bes 2017: “L’indice di abusivismo edilizio segna per la prima volta dal 2008 una battuta d’arresto, attestandosi nel 2016 su 19,6 costruzioni abu sive ogni 100 autorizzate, in lieve calo rispetto alle 19,9 dell’anno precedente. Si tratta di un segnale ancora debole, ma importante, che potrebbe indicare un cambiamento strutturale dopo una stagione particolarmente critica, durante la quale, sia pure nel quadro di un autentico crollo della produzione edilizia, l’incidenza dell’edilizia illegale è più che raddoppiata nel giro di pochi anni. Nel 2007, alla vigilia della crisi economica, la proporzione era di 9 costruzioni abusive ogni 100 autorizzate e i comuni italiani avevano rilasciato circa 250 mila permessi di costruire per abitazioni in nuovi fabbricati: già nel 2014, il numero dei permessi – ora in leggero rialzo – era sceso sotto quota 50 mila, mentre la flessione delle costruzioni abusive è stata assai più contenuta. L’Indice di abusivismo edilizio è così salito fino a quasi 20 costruzioni abusive ogni 100 autorizzate”. Due su dieci, e senza condoni.

Secondo le stime del Cresme Consulting, nel 2016, tra nuove costruzioni e ampliamenti di edifici esistenti, gli abusi commessi sarebbero circa 17.000. Sul fronte dei sequestri e le ordinanze di demolizione, stando ai dati raccolti in Ecomafia 2017 “nel 2016, nel ciclo del cemento, sono state accertate 4.426 infrazioni, sono state denunciate 5.662 persone e compiuti 11 arresti, mentre i sequestri sono stati 1.166. La Campania si conferma la regione leader per quanto riguarda il cemento illegale, con il 17,3% dei reati, seguita dalla Puglia con il 10,1%, dalla Calabria con il 9,3% e dal Lazio con l’8,5%».

Gli ambientalisti al solito, si stracciano le vesti. “Dopo l’uscita di scena del Ddl Falanga (fermato anche grazie al “no” di parlamentari come Ermete Realacci, che il Pd non ha ricandato. Ndr) e lo stop alla legge regionale campana che introduceva il concetto di “abuso di necessità”_ osserva Dante Caserta, vicepresidente del Wwf _  spervamo l’idea di un nuovo condono edilizio fosse finalmente uscita di scena: evidentemente ci sbagliavamo. Un nuovo eventuale condono non solo legittima comportamenti illegali autorizzando a dilapidare il capitale naturale e paesaggistico del nostro Paese, ma favorisce edificazioni selvagge che provocano o amplificano il dissesto idrogeologico, mettendo rischio anche la sicurezza dei cittadini. Inoltre penalizza proprio le persone oneste che rispettano la legge, a vantaggio di quanti invece commettono abusi. Senza considerare l’effetto annuncio che da il via, immediatamente, a nuovi sfregi del territorio”. Non meno duro Stefano Ciafani di Legambiente. “Non sono bastati gli scempi consumati finora, gli ecomostri che devastano il territorio, le vittime del dissesto idrogeologico alimentato anche dall’abusivismo edilizio, gli affari delle ecomafie. Ancora una volta in Italia si vogliono premiare i furbi e per raccogliere voti, in questa campagna elettorale, torna la promessa di un nuovo e scellerato condono edilizio, che non guarda in faccia nessuno e che dimentica le illegalità consumate fino ad oggi, giustificando l’abusivismo di necessità. Una promessa, gravissima e irresponsabile, che non fa bene a nessuno, agli italiani, all’ambiente e ai territori e a tutti coloro che rispettano la legge”. “Il Paese _ prosegue Ciafani _ ha bisogno di ben altre cose: di interventi concreti di messa in sicurezza dei territori, di legalità, riqualificazione del patrimonio edilizio e rigenerazione urbana, e interventi di risanamento ambientale, non più rimandabili, per evitare tristi pagine come quella di Bagnoli. Sono questi gli interventi e le sfide di cui si dovrebbe parlare e che dovrebbero essere al centro della prossima legislatura, e non l’assurda e insensata politica dei condoni”.

Ma i voti sono voti e la tentazione di pescare consensi facili in alcuni regioni chiave è altissima. Può arginarla solo il rischio di perderne altri: i voti di chi non vuol vedere il terrtorio cementifcato, i furbi premati e le casse dello Stato svuotate. Ci ripensi, Cavaliere, che se tanti certo  apprezzano l’idea molti alti la rigettano con orrore. E così anche senza guardare agli aspetti etici e di merito (che pure dovrebbero essere il faro di ogni politico) i voti guadagnati rischian di essere compensati da quelli persi. Anche in questo senso, un pessimo affare.