Alessandro Farruggia

Roma, 8 ottobre 2018 – Missione impossibile. Centrare l’obiettivo di ridurre a un grado e mezzo il riscaldamento globale è ancora teoricamente possibile ma “richiede cambiamenti rapidi, lungimiranti e senza precedenti in tutti gli aspetti della società”. Visto che le emissioni negli ultimi 200 anni non hanno mai cessato di crescere, la condizione posta dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) nel suo nuovo rapporto, nel quale afferma che “oltre a fornire chiari benefici alle persone e agli ecosistemi”, limitare il riscaldamento globale a 1,5°C rispetto a 2°, “potrebbe andare di pari passo con il raggiungimento di una società più sostenibile ed equa”, sembra alquanto improbabile.

Il rapporto Speciale sul Riscaldamento Globale di 1,5° è stato approvato dall’IPCC sabato scorso ad Incheon, in Corea del Sud e viene diffuso oggi. Il Rapporto costituirà un riferimento scientifico di grande importanza nella Conferenza sui Cambiamenti Climatici che si terrà a Katowice in Polonia il prossimo dicembre, quando i governi riesamineranno il Trattato di Parigi per affrontare i cambiamenti climatici. “Uno dei messaggi chiave che emerge con molta forza da questo rapporto – ha detto Panmao Zhai, Co-Presidente del Working Group I  dell’IPCC – è che stiamo già vedendo le conseguenze di un riscaldamento globale di 1° quali, tra gli altri, l’aumento di eventi meteo estremi, innalzamento del livello del mare, diminuzione del ghiaccio marino in Artico”.

La versione integrale del rapporto potete trovarla QUI

 Le attività umane, ricorda IPCC, hanno già causato un riscaldamento globale di quasi 1° (0,87° in un range tra 0.75 e 0.99°) rispetto al periodo pre-industriale (1850-1900). Se questo andamento di crescita della temperatura dovesse continuare ai ritmi attuali, si raggiungerebbe 1.5° intorno al 2040 (range tra il 2030 e il 2052).

Il rapporto mette in evidenza un numero di impatti dei cambiamenti climatici che potrebbero essere evitati limitando il riscaldamento globale a 1,5°C anziché 2° o più.

L’innalzamento della temperatura del pianeta a 1.5° rispetto a 2° comporterebbe:

Minori rischi legati a temperature estreme e ondate di calore;

– In molte zone del pianeta, minori precipitazioni intese e rischi di alluvioni e/o precipitazioni scarse e siccità;

– Una riduzione dell’innalzamento globale del livello del mare di 10 centimetri in meno, che limiterebbe l’esposizione di circa 10 milioni di persone ai rischi come intrusione di acqua salina, inondazioni e danni alle infrastrutture costiere;

– Minore perdita di biodiversità ed ecosistemi, e conseguente minor numero di specie estinte (-50% per piante e invertebrati e -66% per gli insetti);

Riduzione dell’aumento della temperatura oceanica e relativi rischi di acidificazione e diminuzione dei livelli di ossigeno, che limiterebbe la perdita irreversibile di specie marine, con conseguenze per la pesca e l’acquacultura. Ad esempio, le barriere coralline diminuirebbero di un ulteriore 70-90% a 1.5°C con perdite di oltre 99% a 2°C;

Minori livelli di povertà e rischi per le popolazioni più vulnerabili, in particolar modo per le popolazioni indigene e le comunità dipendenti da agricoltura e pesca per la propria sussistenza;

– Minori rischi per la salute, soprattutto legati a ondate di calore, concentrazione di ozono e trasmissione di malattie da vettore quali malaria e dengue;

Minori rischi per la sicurezza alimentare legati alla riduzione delle rese agricole (mais, riso e grano), e la produzione di bestiame.

“Ogni piccola quantità di riscaldamento in più – ha affermato Hans-Otto Pörtner, Co-Presidente del Working Group II  dell’IPCC – ha importanza, specialmente per il fatto che un riscaldamento di 1,5°C o oltre aumenta il rischio associato a cambiamenti di lunga durata o irreversibili, come ad esempio la perdita di alcuni ecosistemi”. Limitare il riscaldamento globale darebbe alle persone e agli ecosistemi anche maggiore possibilità di adattamento e rimanere sotto la soglia di rischi rilevanti, ha aggiunto Pörtner.

Il rapporto esamina inoltre i percorsi disponibili per limitare il riscaldamento a 1,5°C, cosa ci vorrebbe per praticarli e quali potrebbero essere le conseguenze.”La buona notizia è che alcune delle azioni che sarebbero necessarie per limitare il riscaldamento globale a 1,5°C sono già in corso in alcune regioni, ma avrebbero bisogno di un’accelerazione”, ha sottolineato Valerie Masson-Delmotte, Co-Presidente del Working Group I.

Da un punto di vista geofisico, sostiene IPCC, è ancora possibile limitare il riscaldamento a 1.5°, ma ciò richiederebbe “una riduzione immediata e progressiva delle emissioni per raggiungere emissioni zero nette di CO2 a livello globale intorno alla metà del secolo, con forte riduzione dei forzanti non-CO2, in particolar modo metano e black carbon”.

Le stime del bilancio di carbonio (“carbon budget”) – cioè della quantItà di emissioni che possiamo ancora giocarci prima di raggiungere gli 1.5 gradi di riscaldamento – variano da circa 770 a 570 GtCO rispettivamente (con una probabilità del 50% e 66%). Le emissioni attuali sono di circa 42 GtCO2 all’anno. Le emissioni antropiche passate dal periodo preindustriale alla fine del 2017 sono state di circa 2200 GtCO2.

Gli attuali impegni di riduzione delle emissioni assunti dai paesi nel contesto dell’Accordo di Parigi (Nationally Determined Contributions, NDCs) non sono in linea con l’obiettivo di limitare il riscaldamento a 1.5°C e risulterebbero in 52-58 GtCO2 all’anno nel 2030, circa il doppio rispetto alle indicazioni degli scenari a 1.5°C che prevedono un superamento minimo o nullo del 1.5°C (circa 25-30 GtCO2 nel 2030, corrispondenti ad un 40-50% delle riduzioni delle emissioni rispetto ai livelli del 2010). Secondo alcuni studi con i soli impegni di parigi si raggiungerebbe un riscaldamento di 3.5° a fine secolo.

Le emissioni di CO2 nette globali prodotte dall’attività umana dovrebbero diminuire di circa il 45% rispetto i livelli del 2010 entro il 2030 _ cioè entro soli 12 anni _ raggiungendo lo zero intorno al 2050. Da allora ogni emissione rimanente dovrebbe essere bilanciata dalla rimozione di COdall’atmosfera.

Consentire alla temperatura globale di eccedere o superare (‘overshoot’) 1,5°C significherebbe dover contare maggiormente su tecniche di rimozione della CO2 dall’atmosfera per far tornare la temperatura sotto 1,5° entro il 2100. L’efficacia di queste tecniche non è provata su larga scala, ed alcune di queste – si legge nel report – “potrebbero portare rischi significativi per lo sviluppo sostenibile”. “Limitare il riscaldamento a 1,5° è possibile per le leggi della chimica e della fisica, ma richiederebbe cambiamenti senza precedenti”, ha detto Jim Skea, Co-Presidente del Working Group III. E questo è precisamente il problema. 

Vista l’attitudine dei governi che sul clima predicano e promettono molto ma realizzano poco e visto il disimpegno di un attore chiave come gli Stati Uniti di Donald Trump si deve quindi parlare di “mission impossible”. Che come dimostrano le avventure di  Ethan Hunt/Tom Cruise sarebbe forse possibile, ma solo a patto di un impegno senza precedenti da parte di tutta la comunità internazionale. Ma, purtroppo, questo accade solo a Hollywood.