Il Mullah Aktar Muhammad Mansoor è morto. Forse. Con una nota del portavoce del Pentagono, l’America ha annunciato ieri che il leader dei talebani, il mullah Aktar Mansoor, emiro talebano dell’Afghanistan, è stato ucciso (secondo gli americani venerdi sera, secondo fonti afghane alle 16.30 di ieri, ora locale) in un attacco autorizzato dal Presidente Obama e condotto da droni, che ha colpito una vettura, una Toyota Corolla, sulla quale il leader talebano viaggiava a Dal Bandin, vicino Ahmad Wahl, in Pakistan, una area della provincia del Balucistan vicina alla frontiera afghana.

Mansoor ha preso il posto del Mullah Omar dopo che lo scorso luglio il califfato islamico dell’Afghanistan ha ufficialmente ammesso la sua morte, ma la nomina è stata duramente contestata e lo scorso 2 dicembre sono giunte notizie che Mansoor era stato ferito in uno scontro armato tra le due fazioni. Notizia che fu smentita dallo stesso Mansoor, che in un nastro audio disse che “le voci relative alla mia morte sono solo propaganda”.

Secondo gli americani stavolta sarebbe la volta buona. I due occupanti della vettura, colpita da un missile Hellfire, sono morti.

Il primo è un pakistano, Muhammad Azam, guidatore di taxi, e  il secondo, sfigurato dall’esplosione, tal Wali Mohammad, è in realtà “quasi certamente” Mansoor.

Il governo afghano e servizi afghani (Nds) hanno confermato. Come prova è stata diffusa una foto del passaporto pakistano di Mansoor, emesso nel a nome di tal Wali Mohammad  l’11 ottobre 2011, che sarebbe stato trovato sull’auto. A parte il fatto che è assai curioso che il passaporto sia sopravvissuto e l’auto sia stata distrutta, i dubbi sono molti.

Un portavoce dei talebani, il mullah Abdi Rauf, ha confermato all’Associated Press la morte di Mansoor, ma nonostante l’ufficio afghano dell’Ap sia affidabile, permangono dubbi perchè Abdul Rauf _ Abdul Rauf Khadim _ è il nome di un comandante talebano nella provincia di Helmand che sarebbe stato ucciso da un drone il 9 febbrai 2015. E al momento i  portavoce “ufficiali” dell’emirato non hanno confermato l’uccisione.

Il che significa che è ancora presto per dare Mansoor per morto. “Non è la prima volta – osserva Borhan Osman, dell’Afghan Analyst network, think thank di Kabul _ che Mansoor viene dato per morto e l’intelligence e il governo afghano se ne dicono dannatamente sicuri”.

Di certo la notizia fa il gioco del governo afghano, un esecutivo paralizzato dalle lotte di potere e dall’endemica corruzione, che lo scorso autunno dovette sopportare la pur breve occupazione da parte dei talebani della città di Kunduz _ il primo capoluogo di provincia rioccupato dai talebani _ e che combatte una guerra con l’insorgenza che in non poche aree ha segnare perdite di territorio mentre le trattative di pace con i talebani arrancano.

Il processo di riconciliazione e di pace va avanti con estrema difficoltà. Il 15 maggio l’Afghan Peace Council ha stilato una bozza comune di un trattato di pace con Hezb i Islami, il movimento jihadista di Gulbuddin Hekmatyar, il signire della guerra che combattè contro i russi, fu tra i protagonisti della guerra civile schierandosi contro Massud e quindi scelse l’insorgenza. Il movimento di Hekmatyar, diviso in un ramo legale che si è presentato alle elezioni e uno militare che lotta contro il governo, ha però solo l’ombra della forza di un tempo. E’ attivo in Wardak, Baghlan, Kunar, Farah. Ma è una forza marginale e la fine della sua attività militare in cambio di amnistia e integrazione dei combattenti avrà un impatto minimo.

Serve di più, a partire da un maggiore coinvolgimento degli attori regionali, Pakistan in primis. Nei giorni scorsi la Camera dei rappresentanti americana ha approvato una legge che condiziona la concessone di aiuti militari al Pakistan _ 450 milioni di dollari _ all’effettuazione di operazioni per distruggere l’Haqqani network, una delle più forti reti dell’insorgenza, che ha forti e radicate connessioni con il Pakistan, dove ha basi e finanziatori. Adesso la legge dovrà essere integrata da una del Senato e passerà all’approvazione del presidente Obama. Questa è la strada. Senza il consenso del Pakistan, più o meno indotto, l’Afghanistan non potrà mai essere pacificato.