Pubblicato il 23 aprile 2018

Afghanistan: 63 morti e 122 feriti in due attacchi. E l’insorgenza avanza

Alessandro Farruggia Kabul, 22 aprile 2018 – Attentato dopo attentato, distretto dopo distretto, L’Afghanistan scivola sempre più nelle mani dell’insorgenza.   Il rapporto di fine gennaio di SIGAR – l’ufficio dell’ispettorato generale speciale americano per la ricostruzione in Afghanistan – aggiornato a febbraio con i dati declassificati sul controllo del territorio, è illuminante e mostra che la percentuale di distretti […]

di Alessandro Farruggia

I documenti delle vittime dell’attacco a Kabul, coperti di sangue

Alessandro Farruggia

Kabul, 22 aprile 2018 – Attentato dopo attentato, distretto dopo distretto, L’Afghanistan scivola sempre più nelle mani dell’insorgenza.   Il rapporto di fine gennaio di SIGAR – l’ufficio dell’ispettorato generale speciale americano per la ricostruzione in Afghanistan – aggiornato a febbraio con i dati declassificati sul controllo del territorio, è illuminante e mostra che la percentuale di distretti sotto il controllo o l’influenza dei ribelli è raddoppiata dal 2015, mentre la percentuale di distretti contesi è aumentata di quasi il 50% dal 2015, mentre la percentuale di distretti sotto il controllo o l’influenza del governo è diminuita di oltre il 20% dal 2015. E’ la certificazione di una debacle.

In questo contesto di lento, progressivo degrado del controllo da parte del governo di Kabul si inesca l’ennesimo attentato, un duplice attentato, che si inserisce nell’offensiva contro le prossime elezioni e ha preso di mira in primis la comunità Hazara, una comunità sciita regolarmente presa di mira dagli ambienti sunniti pashtun più fondamentalisti, talebani e non. E’ di 57 morti e 119 feriti il nuovo bilancio delle vittime dell’attacco suicida messo a segno oggi a Kabul contro un centro di registrazione elettorale e rivendicato dallo Stato Islamico (Isis). Tra i morti figurano almeno 21 donne e cinque bambini, stando a quanto precisato dal portavoce del ministero della Sanità Wahid Majrooh; 47 donne e 16 bambini sono tra i feriti. L’attentato è stato messo a segno nel quartiere a maggioranza sciita di Dasht-e-Barchi, nella zona occidentale della capitale afgana.

“Le persone erano radunate per ritirare le loro tazkira (carta d’identità), l’esplosione è avvenuta all’ingresso. Era un kamikaze“, ha detto il capo della polizia di Kabul, Dawood Amin. Secondo il portavoce del ministero dell’Interno, Najib Danish, “il kamikaze è arrivato a piedi e ha innescato la sua carica in mezzo alla folla”. Si tratta del primo attacco messo a segno a Kabul contro un centro elettorale dall’inizio del processo di registrazione, il 14 aprile scorso, in vista del voto del prossimo 20 ottobre. Altri morti Pul-e-Khumri City, nella provincia settentrinale di Baghlan,  dove in una esplosione di una IED (un ordigno esplosivo improvvisato) piazzato lungo una strada a Khawja Alwan nei pressi di Pul I Kumri, è stato urtato da un veicolo, sono morte altre 6 persone, 3 donne due bambini e un uomo, ed tre sono state ferite. Il portavoce della polizia del capoluogo provinciale, Zabihullah Shuya, ha smentito le notizie che davano l’attacco per avvenuto nei pressi di un centro per la registrazione degli elettori.

Gli attacchi sono figli di una situazione poltica e di un quadro di sicurezza in progressivo degrado. “Secondo la missione militare occidentale Resolute Support (RS) – scrive SIGAR – il numero di distretti sotto il controllo o l’influenza del governo afghano è nuovamente diminuito. Nel corso del trimestre ha raggiunto il livello più basso da quando, nel dicembre 2015, SIGAR ha iniziato l’analisi dei dati relativi al controllo distrettuale. Al contrario, il controllo o l’influenza dei ribelli sui distretti afgani sono aumentati a un livello record in questo trimestre. Al 15 ottobre 2017, Resolute Support ha rilevato che solo il 55,8% dei 407 distretti del paese è sotto controllo o influenza del governo afghano, un calo di un punto percentuale rispetto all’ultimo trimestre e un calo di 1,5 punti rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Dei 407 distretti delle 34 province afghane, 73 erano sotto il controllo governo e 154 erano sotto l’influenza del governo, una diminuzione di un distretto sotto il controllo del governo e di un diminuzione di tre sotto l’influenza delle amministrazioni pubbliche rispetto al trimestre precedente”.

“Al 15 ottobre 2017 – prosegue SIGAR – c’erano 13 distretti sotto il controllo dei ribelli e 45 sotto l’influenza dei ribelli, un aumento di quattro distretti sotto l’influenza dei ribelli rispetto all’ultimo trimestre. Pertanto, il 14,3% del totale dei distretti del paese è ora sotto il controllo o l’influenza dei ribelli, con un aumento di un punto percentuale rispetto all’ultimo trimestre, e un aumento di un punto percentuale del numero di aumento di oltre quattro punti rispetto allo stesso periodo del 2016. Il numero di distretti contestati (122) è rimasto invariato rispetto al trimestre precedente e rappresenta il 30% dei distretti afghani”. VEDI CARTINA di THE LONG WAR JOURNAL, da dati Resolute Support integrati da altri dati raccolti dal sito.

Secondo i criteri di RS, i distretti contestati sono quelli in cui sia il governo afghano che gli insorti hanno influenza, ma nessuna delle due parti ha il controllo completo. RS ha anche calcolato le province  dove l’insorgenza è più foite. Sono  la provincia di Uruzgan (quella dove nacque il mullah Omar), con quattro dei suoi sei distretti sotto il controllo o l’influenza dei ribelli; la provincia di Kunduz (cinque su sette distretti) e la provincia di Helmand (nove su 14 distretti). Niente di nuovo, sono i bastioni pashtun.

“Resolute Support – afferma SIGAR – ha anche riferito che il controllo e l’influenza dei ribelli sono aumentati al 12% della popolazione in questo trimestre, il livello più alto da quando SIGAR ha iniziato ad analizzare i dati di controllo della popolazione, nel settembre 2016. Il controllo del governo afgano, o l’influenza è rimasta pressoché invariata rispetto al trimestre precedente. In questo trimestre Resolute Support  ha stimato che, a ottobre 2017, il 3,9 milioni di afghani (12% della popolazione) vivono in distretti sotto il controllo o l’influenza dei ribelli. Delle stimate 32,5 milioni di persone che vivono in Afghanistan, la maggioranza, 20,9 milioni (64%), vive ancora in zone controllata o influenzata dal governo, mentre altri 7,8 milioni di persone (24%) vivono in aree che sono contestate. Il 12% della popolazione controllata o influenzata dall’insurrezione rappresenta un aumento di un punto percentuale aumento rispetto all’ultimo trimestre e di quattro punti rispetto allo stesso periodo del 2016″.

Notizie scomode e infatti Il generale John Nicholson, comandante di Resolute Support, non ha menzionato questa avanzata dell’insurrezione nella sua descrizione della situazione fatta nella conferenza stampa del 28 novembre, quando ha detto che il controllo della popolazione “rimane più o meno lo stesso del 2016”. Magari. E magari, ancora di più, fosse quello del 2015.

La realtà è che le cose vanno sempre peggio e solo l’appoggio militare ed economico occidentale, puntella il governmo afghano, che si dimostra strutturalmente incapace di controllare il Paese, perchè accanto al problema dell’insorgenza ha quello _ fondamentale _ della estesa corruzione e della guerra tra fazioni etnico-tribali e religiose, che nella inefficienza e nella conflittualità endemiche rende improbabile una fuoriuscita dalla spirale insorgenza-repressione-insorgenza e mina alla radice lo sviluppo economico e la qualità della vita della popolazione. Che in ultima analisi continua a pagare il prezzo del disastro afghano.