Ristoratore si dà fuoco per protesta, due agenti ustionati

Alla fine gli ha detto così: “Io non potevo lasciarti morire”, mentre tutto attorno il puzzo di benzina rendeva l’atmosfera spettrale.

E  c’è un che si semplice e di grandioso in quel che l’ufficiale della polizia ha spiegato all’uomo che si è dato fuoco per protesta, mettendo a rischio in un solo istante la vita sua e quella dei due uomini che l’hanno salvato. “Perché non mi hai lasciato morire?”, gli ha chiesto dopo l’aspirante bonzo, a fiamme appena spente, quando l’adrenalina ancora circolava nel sangue di tutti i protagonisti di questa storia di disperazione, prepotenza e follia. “Perché non potevo”, ha risposto il comandante della Polizia stradale.

Tutto qui. Anche se le immagini le abbiamo in mente tutti, questa volta sono le parole a fare la differenza. E a riproporre un tema eternamente attuale. Il senso del dovere. Quella cosa che ci spinge, che dovrebbe spingerci, a far quel che dobbiamo perché questo è il nostro compito, perché siamo fatti così. Quanto di più lontano possa esserci dalla categoria dell’eroe. Eppure è questa gente, quella che tutte le mattine si alza, si rade e si rimette a fare il proprio dovere, a mandare avanti un Paese altrimenti sgangherato.

Uno si dà fuoco mentre ti è addosso, dopo aver bagnato anche te di benzina. Si dà fuoco nella piena consapevolezza del fatto che, col suo gesto, può uccidere non solo se stesso, ma anche chi è qui per lavorare. Eppure il poliziotto non l’ha mandato al diavolo, né si è girato dall’altra parte. Non l’ha lasciato bruciare con tutti i suoi guai. L’ha salvato. Poteva scegliere diversamente, perché nessuno può pretendere che tu sia eccezionale. Non l’ha fatto. Ed è rimasto quel che è. Un bravo poliziotto.
@pierofachin