E così succede anche chi ha varcato il mezzo secolo, come il sottoscritto, di finire in mezzo a un concerto-baraonda con tanti ragazzini. E’ successo all’Unipol arena di  Bologna per Florence and the machine. Un tempo sarei piombato sotto il palco a pogare, stavolta no, un po’ indietro (molto indietro, diciamo…) in platea. Ma anche da là in fondo lo choc è forte, notevole. Tornerei a vederla stasera la rossa Florence Welch. Non dimenticherò facilmente la sua apparizione sul palco: a piedi scalzi, la chioma fulva e lunga e un nude-look sorprendente con un abitino azzurro che nulla lasciava all’immaginazione ma senza essere provocatorio. Ma come si muove questa ragazza, balla sempre, piroetta su se stessa, danza col pubblico. Ha un carisma pazzesco, oltre che la voce e  una teatralità senza confini, che carattere, che personalità, che donna. Non ha paura dopo appena un paio di canzoni di gettarsi fra il pubblico: accetta una coroncina di fiori azzurri, se ne cinge il capo e troneggia in mezzo a una platea adorante.   Sono soprattutto le ragazze ad amarla, a cantare in coro  l’antica ‘Dog days are over’, l’hit ‘You’ve got the love’, le nuove ‘ Ship to wreck’, ‘Queen of peace’, ‘How big, how blue, how beautiful’. Un folletto azzurro che a forza di rigirare su se stessa fa girare la testa anche a me. Che donna