Agnes Obel non ha inventato nulla. Ma con grazia ha ereditato quel ruolo che Kate Bush interpretò negli anni Ottanta, una voce nelle tenebre che si muove sinuosamente fra arrangiamenti delicati e ipnotici, fra uno spicchio di luna e una folata di vento notturno. Agnes viene dalla Danimarca, un paese che alla musica ha dato poco, comunque vive a Berlino, ‘Citizen of glass’ è il suo terzo album sulle tracce dei precedenti. Non aspettatevi nè rumore, nè ritmo: pianoforte e archi cesellano bozzetti silenti avvolti in un batuffolo di mistero dove la voce si intreccia con l’austerità del violoncello e i guizzi dei violini. Si tratta di un buon disco, d’atmosfera si diceva una volta, ma di questi aridi tempi non è poco.