“A Porto Torres (Sardegna, ndr.) c’erano 7 mila, dico ‘settemila’, persone in piazza per Di Maio (vicepresidente della Camera, ndr.) e meno di 500 per noi!”. “Rischiamo di perdere Venaria (comune alle porte di Torino, ndr.) e non è mai successo!”. A parlare così, l’altro giorno, due deputati del Pd: il primo è ovviamente sardo, l’altro, ovvio, torinese.
Al Nazareno sono preoccupati assai, a palazzo Chigi pure. Perché le Regionali sono andate bene, tutto sommato (5 a 2, come si sa), ma le comunali saranno tutto un altro film. Tra inchieste che squassano il Pd, romano e non (Mafia Capitale), scossoni al governo a causa dell’implosione dell’Ncd (richieste di impeachment per il sottosegretario Castiglione e il presidente della Bilancio al Senato, Azzollini), questione immigrati esplosa a livello europeo e timida ripresa economica che non riparte, al Partito come al governo si teme il contraccolpo dei ballottaggi.
Domenica 14 giugno, dopo il primo turno del 31 maggio, andranno al voto 68 diversi comuni, tra cui ben 11 capoluoghi di Provincia, quattro città sarde e tredici sicule. Gli ansiosi occhi del Nazareno sono quasi tutti concentrati su Venezia. Il senatore del Pd, ma ‘dissidente’, l’ex pm Felice Casson (38% al I turno), sfida il candidato del centrodestra Luigi Brugnano (28,5%). Ago della bilancia, a partire da qui, sarà proprio il voto degli elettori grillini. Infatti, se le altre liste di area centrodestra hanno già dato indicazione di votare per Brugnano, i pentastellati fanno i difficili (“Votiamo chi accetta i nostri cinque punti”), anche se, a naso, le loro preferenze vanno più per il civatiano sui generis Casson che per il ‘destro’ Brugnano: “E’ un mini Berlusconi che si dice renziano”, lo liquida Davide Scano (M5S), che in Laguna ha preso il 12%. La strada per Casson resta tutta in salita e, in ogni caso, dato che Renzi lo sostiene, sarebbe una sconfitta del premier perdere Venezia mentre veder vincere Casson non sarebbe una sua vittoria.
Poi, per il Nazareno, c’è la questione Calabria. Ieri è sceso in terra calabra persino il sottosegretario Luca Lotti ad assicurare che “in Calabria il Pd è unito per cambiare”. La verità è che il Pd calabro è saldamente in mano alla minoranza dem bersaniana. E’ stato infatti Mario Oliverio, che a Roma è un ‘protetto’ dell’ex organizzatore di Bersani, Nico Stumpo, a strappare la Calabria al centrodestra, un anno fa. Ma Oliverio “è imballato e sta facendo poco”, sospirano diversi deputati dem calabresi, a loro volta di sinistra o ex di SeL. Ecco perché il Pd teme, dopo aver vinto al primo turno solo a Vibo Valentia, di perdere le tre sfide in ballo nei comuni di Castrovillari, Gioia Tauro e Lamezia Terme.
Infine c’è la Sicilia. Lì vige, tanto per cambiare, la “corda pazza” di sciasciana memoria. A Enna il ras locale, Vladimiro Crisafulli, che definire ‘malvisto’ da Renzi è dire poco (prima lo ha escluso dalle liste per la Camera, poi gli ha negato il simbolo del Pd, etc.) parte in vantaggio sullo sfidante Maurizio De Pietro (41% a 24%), ma su questi è confluito, tra forti polemiche, proprio l’M5S (21%). Se vince Crisafulli ha vinto lui da solo, se perde ha perso , di fatto, pure il Pd. A Gela, che non è capoluogo, ma conta ben 76 mila abitanti, altro colpo clamoroso dei grillini: Domenico Messinese (M5S) è in testa (24,2%) contro il sindaco uscente, Angelo Fasulo (23,7%). Candidato dal Pd per sbaglio, Fasulo – voluto da Crocetta, ‘re’ e governatore in rotta con il Pd siculo retto da quel giovane ‘turco’, Fausto Raciti, in guerra con Crocetta da mesi – e’ forte, ma i grillini, che a sorpresa hanno incassato persino l’appoggio dell’NCD di Alfano (che, a livello regionale e locale, di solito governa con il Pd, non certo con i pentastellati…) sono convinti di farcela. “Per noi è Gela la finale di Champions League”, dicono, sperando nel colpo ‘gobbo’. Il Pd-Juve stavolta rischia grosso, a Gela come altrove.
NB. Questo articolo è’ stato pubblicato sulle pagine del Quotidiano Nazionale il 13 giugno 2013.
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