Credo che ciascuno di noi si porti dentro  un’immagine propria, personalissima, di un cantante molto amato. E anche io, come tanti, ho il <mio> Lucio Dalla. Che non conoscevo di persona fino a quel giugno del 1984 quando era in programma il mega-concerto, a Bologna (il 21 giugno), nel quale i Nomadi, insieme a Dalla, Francesco Guccini, l’Equipe 84, Paolo Conte, Giorgio Gaber, Deborah Cooperman, festeggiavano i 20 anni di carriera e del successo ‘Dio è morto’. Collaboravo, allora, con Il Resto del Carlino e mi fu chiesto di intervistare i cantanti bolognesi. Con Guccini fu facile, ma Dalla aveva fama di inarrivabile. Figuriamoci se avrebbe concesso un’intervista a una sconosciuta…  Mi attaccai al telefono, rintracciai il suo manager e per quella che si può definire solo fortuna ebbi un appuntamento con Dalla, <ma solo per pochi minuti>. Lo incontrai nella sua sala di incisione, azionai il registratore… e non mi bastò una casseta di un’ora! Parlava saltando un po’ qua e un po’ là negli argomenti, diceva che non voleva più abitare a Roma perchè la città era cambiata, <era diventata Bisanzio>. Parlava dell’amore  per la sua Bologna, della sua vita, a ruota libera.  Mi conquistò con la sua semplicità, sembrava quasi timido.  Lo incontrai ancora qualche volta e sempre mi colpiva il suo atteggiamento un po’ schivo. Una volta, alla prima della Scala, lo incontrai tutto solo in un angolo. Non faceva certo il divo. Ricordo un Capodanno di molto tempo fa, con Lucio Dalla e Gianni Morandi in concerto in un teatro di Bologna, che a mezzanotte brindavano con noi del pubblico. Per anni mi ha fatto compagnia in auto, con la cassetta delle sue canzoni. Faccio fatica a dire quale è la mia preferita. Forse  <Caro amico ti scrivo>, forse <Caruso>, forse <La settima Luna>… Insomma tutte  (tranne quella dell’ultimo Sanremo). A molte di queste canzoni sono legate ricordi personali, e tutti belli, e tutti importanti. Le sue canzoni univano le generazioni in modo trasversale. Lo sentivo vicino anche per la sua bolognesità, quasi una sorta di provincialismo in positivo che non gli ha mai fatto perdere il senso delle proprie radici.  Che era molto amato è evidente (ricordo due gemelline di mie conoscenti chiamate Luna e Futura), e come tutte le persone diventate un mito si pensa che siano immortali. Lo è per le sue canzoni. E mi mancherà tanto. Ci mancherà tanto. E’ banale da dire ma è un pezzetto della nostra vita che se ne va.