ORA è diventato lo slogan di tutti (destra, sinistra, movimentisti, professori), ma quando le aziende licenziavano, i negozi chiudevano e le piccole imprese erano con l’acqua alla gola, dov’erano? Si sente dire a ripetizione: «Il lavoro prima di tutto». Oppure: «Il primo impegno del governo deve essere l’occupazione». E ancora: «Dobbiamo sboccare i soldi del patto di stabilità». Meno male, era l’ora. Anche se in differita con il paese reale che soffre, la politica, nuova o riciclata, si accorge che senza lavoro si annebbia la speranza, c’è agonia, si muore. Firenze sta vivendo in pieno questa sofferenza: quante saracinesche giù, quante aziende cancellate, quanta cassa integrazione, quante famiglie che non sanno come andare avanti. Mai come prima. Nomi storici in bilico: la Ginori, la Seves, il Maggio. Storie diverse, medesimi destini. E le migliaia di piccole imprese artigiane che aspettano di avere quanto gli spetta dagli enti locali per cui hanno lavorato.
I 300 lavoratori dell’azienda di Sesto stanno per vivere altri giorni di passione: martedì si apriranno le buste per le offerte della nuova proprietà. Firenze ha una buona pattuglia di parlamentari.
Se deputati e senatori hanno capito il senso di cambiamento, si facciano sentire subito. Sì, il lavoro prima di tutto.