Il mondo alla rovescia: quel che dovrebbe essere trasparente è segreto, quel che dovrebbe essere segreto è trasparente. Grazie alla collaborazione di un senatore, ieri abbiamo consultato il testo del Trattato transatlantico su investimenti e commercio (Ttip) tra Europa e Stati Uniti. Un accordo enorme, che coinvolge enormi interessi e presuppone enormi ricadute sulla salute pubblica poiché, ad esempio, prevede l’invasione di carni americane del mercato europeo. E’ un testo semi segreto: i parlamentari italiani possono consultarlo in una sala riservata del ministero dello Sviluppo, sotto lo sguardo vigile di carabinieri e funzionari, senza poter prendere appunti e con tempi contingentati. Ispirato dalle multinazionali stratunitensi, rappresentava il punto estremo della globalizzazione: a decidere sono le corporation, la politica ratifica. Logiche di qualche anno fa, oggi in conflitto con lo spirito dei tempi. Torna infatti in auge il concetto di interesse nazionale, le lobby organizzate si frammentano, le decisioni strategiche globali faticano ad affermarsi. Risultato: nessuno ha dubbi sul fatto che il Ttip non vedrà mai la luce. Ciò non toglie che la segretezza che avvolge il Trattato e la marginalizzazione dei parlamenti mal si concilino con i principi della democrazia rappresentativa. Laddove, invece, servirebbero discrezione e segretezza trionfa la trasparenza. La corruzione è una brutta cosa, certo, ma in alcuni casi fa parte delle regole (non scritte) del gioco. E non è uno specifico italiano. I grandi appalti internazionali passano quasi sempre per la corresponsione di qualche bustarella: se non paghi, sei tagliato fuori dall’affare a beneficio dei tuoi competitor stranieri. In Francia, dove il senso dello Stato è presente, prima di aprire un fascicolo che potrebbe vanificare un affare che tocca l’interesse nazionale i pubblici ministeri si consultano con il governo. In Italia no. In Italia, grazie alla finzione dell’obbligatorietà dell’azione penale e a una storica e diffusa carenza di senso dello Stato, agiscono a prescindere. Il trubunale di Milano, ad esempio, ha condannato i vertici di Finmeccanica per aver pagato una tangente alle autorità indiane in cambio della fornitura di 12 elicotteri Agusta. Per difendere quell’affare il governo Monti consegnò i due marò a Nuova Delhi. Per vendicarsi della scelta di aver internazionalizzato la questione dei due marò, Nuova Delhi ha sfruttato l’inchiesta giudiziaria milanese e ha fatto saltare sia quella fornitura (valore 560 milioni di euro) sia altre. Per l’Italia si stima un danno nell’ordine dei due miliardi di euro. Ne beneficeranno le omologhe francesi di Finmeccanica. Ci rendiamo conto di quanto moralmente discutibile sia la nostra posizione, ma crediamo ancora nel primato della politica. Sogniamo perciò un mondo dove i trattati internazionali siano pubblici e dove le modalità degli affari che coinvolgono l’interesse nazionale rimangano private. Un mondo che non c’è. C’era, ma non c’è più.