Lo scorso febbraio, una grillina particolarmente verace, Paola Tavella, ipotizzò l’esistenza di un “complotto per far vincere il Movimento 5 stelle a Roma”. Tutti risero, ma c’era del vero. Non il complotto, naturalmente, ma il rischio rappresentato dalla prova concreta di governo di una città complessa come Roma. La profezia sembra avverarsi. Con il ballottaggio del 19 giugno, i grillini hanno effettivamente conquistato la Capitale, ma nulla di ciò che è seguito è andato nel segno della cavalcata trionfale. Abbiamo infatti visto il neosindaco Virginia Raggi dimagrire giorno dopo giorno per lo stress, abbiamo scoperto che il M5s è diviso in correnti l’una contro l’altra armate come una Dc qualsiasi, abbiamo trovato conferma del fatto che pur avendo vinto le elezioni un sindaco grillino non è libero di scegliersi assessori e collaboratori senza il benestare della Casaleggio Associati, abbiamo preso atto della difficoltà del Movimento a trovare esponenti della società civile disposti ad impegnarsi in una giunta comunale. Una cosa è teorizzare la rivoluzione, cosa diversa è gestire il cambiamento senza perdere la faccia. Lo sanno bene gli inglesi Boris Johnson e Nigel Farage, rimasti schiacciati dalle macerie del referendum sulla Brexit che pure avevano vinto. Lo sa bene Matteo Renzi, la cui carica rivoluzionaria si è ormai dispersa e il cui partito, il Pd, non è in grado di attrarre una nuova classe dirigente e neanche quel po’ di simpatizzati utili a celebrare la festa di piazza per la fine dell’Imu o a firmare la richiesta di referendum istituzionale. Prendete il caso della ministra iper renziana Maria Elena Boschi: è passata in un batter d’occhio dal primo all’ultimo posto nelle simpatia dell’elettorato senza motivazioni apparenti. La gente, ormai, si stufa velocemente. Mai come oggi si è contratto il tempo che intercorre tra illusione e disillusione, tra fiducia e sfiducia. Si tratta di un problema epocale. I giovani ritengono di poter diventare ricchi di colpo senza sforzo, e quando “scoprono” che non è così che va il mondo cadono in depressione e se la prendono con “il sistema”. Si ritiene ormai che l’amore non sia una fatica quotidiana ma una condizione data, e quando coppie ostentatamente felici affrontano il primo inciampo scoppiano di colpo. Per i politici è peggio. I politici sono infatti la causa diretta di questo meccanismo perverso. Promettono tutto e subito, lasciano credere che basti votarli per vedere le proprie vite rifiorire all’istante, drogano l’opinione pubblica con dosi crescenti di speranza fino a che non arriva, veloce e fatale, il momento della crisi di astinenza. La politica è un lavoro duro che dà (quando li dà) i suoi frutti nel tempo. Annunciare miracoli senza aver il dono di moltiplicare pani e pesci può servire a vincere, ma impedisce di governare.