Firenze, 15 agosto 2013 – PRIMA di tutto, buon ferragosto al presidente Napolitano. Dopo sette anni di onorato servizio, si sarebbe meritato una festa da privato, e stimato cittadino. Invece, eccolo ancora qui con il suo sgangherato Paese sulle spalle. In questi giorni, se la sono ingegnata per guastargli le vacanze. E un po’ ci sono riusciti. Ma a tirarlo per la giacca, quello no. Ci hanno provato, ma lui ha un guardaroba talmente ricco, da accontentare tutti. Così, la nota di ieri sulla vicenda Berlusconi, ha avuto lo straordinario merito di fornire ad ognuno l’abito su misura. Al Cavaliere e ai suoi sostenitori, lo spiraglio per una via di uscita dalla ghigliottina giudiziaria. Ai forcaioli, la conferma che deve espiare la sua pena senza alzare la cresta. A tutti, però, ha spiegato che le mani su questo governo, nessuno le deve mettere. Al massimo, lo farà lui.

E CHISSÀ cosa ne pensano al riguardo i militanti in servizio permanente contro la riforma della Costituzione, gli Ingroia, i Flores, gli Ovadia, con contorno di studiosi, nani e ballerine della conservazione? Chissà cosa ne pensano di un Paese che non ha un premierato forte (come tutti), ipotesi contro cui si raccolgono firme nelle spiagge operaie di Porto Cervo e Capalbio, ma ha addirittura un presidenzialismo fortissimo, senza che nulla sia scritto al proposito nella Carta Costituente? Anzi. Mah, poco importa. Oggi è Ferragosto. E con questa gente e questi partiti, gli auguri il Capo dello Stato se li merita proprio. Stia in gamba, Presidente, tanto le toccherà un altro ferragosto di passione, con un altro caso Berlusconi, un’altra Cassazione, un altro Pd in bilico tra primarie, secondarie, terziarie… Prima o poi, ci rimetteremo in sesto. Ovvio. Ma il timore, quasi la certezza. è che questo succederà «poi».

E TANTI auguri se li meritano anche le donne. Sia chiaro. Non vuole essere da parte di un maschio la solita captatio nei confronti delle femmine. In materia, oramai, quel che ho fatto, ho fatto. Onestamente, però, bisogna dire che noi uomini stiamo dando di fuori. Eccome. Ottantuno vittime in sei mesi, sono una mattanza. Nei numeri certo, e spesso anche nei modi, ammesso che nell’uccidere una persona possa esservi una gradazione di «umanità». E poi l’acido, lo sfregio, questa usanza barbara ereditata da culture che ci sforziamo di definire sorelle, ma che al contrario coltivano e giustificano la barbarie. Bene, non sappiamo se un reato specifico di «femminicidio» possa servire a frenare questo tsunami di violenza. Forse basterebbe rendere più conformi le condanne per omicidio, eliminando sconti e attenuanti, roba che spesso riduce i 30 anni iniziali a una banale reclusione come quella di pericolosi criminali come Corona o Emilio Fede. Indecente.

Infine, buon ferragosto ai nostri marò. Sono la nostra pena e la nostra vergogna. Chiusi in ambasciata a Delhi ad aspettare un cenno dalla «giustizia» indiana. L’Italia li ha traditi. Gli italiani non li hanno dimenticati. Auguri, ragazzi.