In nome della legge, ingiustizia è fatta. Anzi, una, cento, mille ingiustizie. Guardi la prima sentenza sulla tragedia della Concordia, e trasecoli. Rabbrividisci. Pene patteggiate tra 1 anno e 6 mesi e 2 anni e 10 mesi. Omicidio plurimo colposo (32 morti!), lesioni colpose, naufragio colposo. Una pacca sulle spalle e via.

Hanno ragione gli avvocati: roba da abuso edilizio. Da eccesso di velocità. In nome della legge. Guardi la decisione con cui il gip di Milano ha concesso gli arresti domiciliari al pirata che il 10 luglio ha travolto e ucciso a Gorgonzola una ragazza di 16 anni, Beatrice, due stupendi occhi blu aperti sul mondo; il pirata che è fuggito senza soccorrerla e si è costituito solo dopo una settimana, non per pentimento, figuriamoci, ma perchè i carabinieri gli stavano alle costole. Un giorno in galera, e via: a casa. E ti monta la rabbia.

Nel frattempo, il pericoloso fotografo-bandito Corona sconta sei anni e mezzo di carcere per aver estorto trentamila euro a un calciatore famoso, che quella cifra la guadagna in un giorno. E Emilio Fede prende sette anni (7!) per aver indotto alla prostituzione delle maggiorenni vaccinate, che non sembrano aver patito il fatto di essere state indotte.

Allora, ti guardi attorno, cerchi di capire, di trovare un parametro, un’unità di misura, ma non ce la fai. Ti gira la testa. Certo, non si può condannare il secondo comandante della Concordia a una pena che tenga conto di quella che dovrebbe scontare Lele Mora. Ovvio. Fattispecie e reati diversi. Lontanissimi. Ma tutto questo non succede lontano, ma nello stesso Paese, in Italia.

Dunque, pensiamo noi cittadini, ci vorrebbe un filo conduttore che ci guidi, che ci spieghi quanto vale l’onestà, e quanto costa delinquere. E invece non c’è logica, non c’è proporzione. Ci sono i sei anni per il giovane rom (Marco Ahmetovic) che investì ed uccise quattro ragazzi nelle Marche, ubriaco, senza patente, alla guida di un furgone. Cioè sei mesi meno di Corona, e un anno in meno del “festaiolo” Berlusconi. E ci sono questi patteggiamenti sulla Concordia, che in nome della legge, e nel rispetto della medesima, ci consegnano delle condanne-assoluzioni, pesanti come multe per divieto di sosta contro le rocce dell’Isola del Giglio. Con il timoniere indonesiano Rusli Bin, che sta appunto in Indonesia, e lì resta a godersi l’eccezionale sconto comitiva ottenuto a Grosseto. Mentre i nostri marò non stanno a casa loro, ma in India, in attesa che qualche benevola corte di giustizia, garbatamente pressata dalle nostre autorità (?) decida se dargli l’ergastolo o condannarli a morte.

Con il risultato che mentre il colosso della Costa si consuma nel mare della Toscana, tutto il cerino di questa immane tragedia è rimasto nelle sole mani del comandante Schettino. Mani colpevoli, intendiamoci, ma non certo le uniche a essersi sporcate quella notte. Perché qualcuno timonava. Qualche ufficiale lo assisteva. Qualche cabina di regia lo guidava. Così, invece, ogni cosa sarà a suo carico. Anche la Concordia avrà il suo Lele Mora con cui la legge sarà dura, inflessibile. E tutti potranno dire che hanno ben riposto la fiducia nella Giustizia. Sapendo di dire una bugia.