Nessuna crociata, non preoccupatevi, ma solo una constatazione. Siamo diventati schiavi dello smartphone, qualunque sia l’azienda che lo produce. Io per prima e senza nessuna pietà. Date uno sguardo in giro a parenti, amici o sconosciuti, al bar come su un treno o in ufficio. Siamo costantemente incollati a quel filo invisibile che ci lega indissolubilmente a quel maledetto cellulare che, invece, di renderci liberi, ci ha schiavizzato. Non solo ci rintracciano ovunque, ma non possiamo farne a meno. Già, perché su quel telefonino passa la nostra vita, quella reale e, molto di più, quella virtuale. Non stacchiamo male. Io per prima. Ed, ovviamente vengo infamata da un marito che ama ancora passeggiare, scambiare quattro chiacchiere con gli amici al bar e che non crede alla potenza della Rete. Per lui la vita e’ aria, e’ contatto umano, e’ risate insieme. Per me stare connessa e’ un obbligo, lavorativo e mentale. C’è sempre il rischio di bucare una notizia e, per chi sovente, come me, e’ costretto a trasformarsi in cronista di nera, questo e’ l’incubo peggiore con tutti gli urli che ne conseguono. Ma amo twittare per gli affari miei, da Grazia e basta, amo parlare con gli amici di Pilates e Garuda sparsi per il mondo via internet. Amo la tecnologia e quindi senza smartphone non so stare. Addirittura ne ho due, uno per il lavoro e uno solo mio. Se mi sento schiava? Mi sento sempre in compagnia, ovunque io sia. E se voglio stare da sola, quando non lavoro, spengo tutto. O non rispondo. E vado a camminare o a fare Pilates. Oppure leggo o, meglio ancora, sto con i miei cari. Un favola vera. Il benessere arriva da dentro, arriva dai noi stessi.