Invecchiare non piace a nessuno. Vedere il tempo che lascia i segni del suo passaggio sul nostro corpo porta con se’ il rimpianto di una giovinezza che non tornerà più se non nei nostri ricordi. Ma è la legge della vita. Ed è’ da accettare. Più difficile però e’ farlo con dignità, trasformando rughe e cedimenti in medaglie da sfoggiare con onore. La vita non risparmia nessuno, con i suoi dolori, le sue difficoltà: chi riesce a ri alzarsi dopo mille disavventure e lacrime, ha il volto e il corpo segnato. Proprio come i reduci di mille battaglie. La vita e’ questa, un cammino tra mille ostacoli e avversità con sprazzi veloci di gioia e di allegria. Difficile non restare segnati, quasi stigmatizzati. E quel tempo che passa  scalpella il nostro volto e quello dei nostri compagni di avventura. Così, quando qualcuno di loro si sottopone ad u lifting o ritocchino che dir si voglia, ci sentiamo traditi anche noi. Non ci ritroviamo più in quei visi che hanno segnato anche la nostra storia. Ecco l’accanimento mediatico contro uno che di bellezza madre natura aveva dotato in abbondanza, esagerando persino nelle dosi.Gabriel  Garko era troppo bello per essere vero, un volto da dio che nessun comun mortale poteva eguagliare. Ma anche i semi dei, la mitologia insegna, hanno le loro debolezze e lui, il Garko osannato da noi donne in adorazione, e’ tornato ad essere il piemontese Dario, con le sue paure: perdere quella sua eterna giovinezza e bellezza per il trascorrere degli anni. Solo 41, fra l’altro. E l’ha persa, a causa, a quanto sembrerebbe, di un bisturí sbagliato. Così siamo stati traditi tutti: lui, molto probabilmente, da un chirurgo feroce e noi da Garko che non riconosciamo più. E le nostre palpebre cadenti e le guance scavate oggi ci sembrano bellissime. Siamo sopravvissuti anche al dolore di una giovinezza che ci ha lasciato. Ma con grande dignità.