NELLA sua mente di giocatore di poker con la vita sua e degli altri il bluff, il calcolo e l’astuzia dell’animale in fuga si sono alternati nel tempo. Ma ha perso l’ultimo giro di carte Filippo ‘Pippo’ De Cristofaro, 62 anni, il killer del catamarano, l’uomo che sognava alla grande, tanto da uccidere nel 1988 la skipper Annarita Curina, per poi fuggire con la barca in Polinesia insieme all’allora compagna 17enne, Diane Beyer. L’hanno preso due giorni fa vicino a Galamares, un minuscolo villaggio portoghese dove si nascondeva sotto il profilo di una vita anonima da lupo solitario. Ma continuava a sognare in grande e il prossimo salto, nei suoi piani, sarebbe stato il trasferimento in Costa d’Avorio con un amico olandese conosciuto in cella per commerciare diamanti. Il delitto, il carcere, due evasioni, l’arresto definitivo, l’eterna passione per una vita sopra le righe. Eppure Filippo De Cristofaro è stato tradito dai suoi errori nonostante vivesse come un monaco in campagna a qualche chilometro dal mare, l’orizzonte che lo ha sempre affascinato. L’altra sera dopo l’arresto gli hanno concesso una telefonata al genero in Olanda: «Se vuoi dirlo a mia figlia mi hanno preso. Stavolta torno in galera per sempre».
Laggiù in Portogallo lo conoscevano tutti. Ma lui parlava poco, buongiorno, buonasera e poco altro. Sempre gentile, mai uno screzio con nessuno. E mai una multa, mai una discussione. Sapeva che uno qualsiasi di questi inconvenienti sarebbe stato un passo falso fatale.

VIVEVA in una casetta anonima coperta dagli alberi con arredamento spartano: dentro pochi mobili, un fornelletto da cucina, un armadio. Fuori da questo piccolo mondo rare amicizie. Perfino gli abiti erano scelti per non dare nell’occhio. Quell’italiano dal nome qualsiasi, Andrea Bertone, viveva da cittadino modello. Faceva lavori saltuari usando se possibile la patente nautica falsa accoppiata al passaporto che gli aveva preparato l’amico di un ex compagno di carcere. Nella sua vita minimalista, lui bello e dannato, avrebbe potuto strafare con le donne. Eppure in Portogallo, spiegano gli agenti della mobile di Ancona e gli uomini dello Sco, ha sempre evitato grane. Qualche amicizia sì, ma saltuaria e lontano da casa. Mille precauzioni, mille paure. Si muoveva come un terrorista braccato. Mai acquistato auto o moto, niente conto corrente o documenti che potessero lasciare tracce. Si muoveva solo con mezzi pubblici e infatti l’hanno bloccato sul treno per Lisbona dove si recava per consulenze informatiche. Non nuotava nell’oro, infatti, e i 6mila euro che gli hanno trovato è il suo patrimonio personale. Filippo De Cristofaro in carcere era diventato un mago dell’informatica e quando fuggì si portò via l’hard disk del computer. Da Galamares vedeva il mondo e controllava i suoi cacciatori attraverso un portatile e un telefonino. Spesso per evitare la tracciabilità utilizzava il computer accanto a un centro commerciale agganciando il wi -fi gratuito. Altre volte utilizzava il wi-fi della sede dell’azienda telefonica portoghese di cui, chissà come, aveva la password riservata ai dipendenti. Però una traccia su Skype lo ha tradito. Gli inquirenti, guidati dal questore di Ancona Oreste Capocasa, hanno monitorato centinaia di account e ne hanno scoperto uno, Andy Berty, che assomigliava troppo a quell’Andrea Bertone sotto osservazione. Ma la caccia al lupo solitario intanto aveva spaziato per mezza Europa. I poliziotti hanno interrogato diversi ex detenuti che condivisero la cella con lo skipper e qualche ammissione è affiorata.
LE TRACCE dell’ergastolano comparvero fra Italia, Albania, Francia. Poi il Portogallo. E diversi ex detenuti lo hanno aiutato. Da questi colloqui si è appreso di una cena dell’ottobre scorso vicino a Lisbona con un amico albanese e una donna portoghese. È stata la svolta. I fari si sono accesi su Andrea Bertone. La verifica dell’ immagine di una telecamera della stazione di Sintra ha fornito la conferma ai poliziotti italiani e a quelli del ministero della Giustizia portoghese che il killer del catamarano era riemerso dal buio della fuga.

Beppe Boni