NON ci sono più (solo) i ladri di una volta, che pure avevano una attività intensa. Gente esperta che selezionava gli obiettivi. Oggi l’ondata di furti nelle abitazioni, nei negozi e nelle campagne è un flagello inarrestabile. Nel conto vanno messe anche le rapine come quelle della banda di albanesi presa in Campania: botte e sevizie alle vittime anche per pochi spiccioli. Le statistiche spiegano che la maggior parte degli autori dei furti sono stranieri dell’Est. Non tutti gli immigrati sono ladri, ma la maggioranza di coloro che si dedicano a questo «mestiere» sono stranieri. Oggi residenze, garage , esercizi commerciali sono spazzati dalle razzie. Spariscono bici, suppellettili, attrezzi e macchine agricole, motoseghe, carburante, cibi dai freezer, abiti, airbag dalle auto. Prevale la rassegnazione. La denuncia? Molti lasciano perdere. Parlate con un carabiniere o un poliziotto, allargherà le braccia: «Noi arrestiamo, ma nessuno resta in carcere». E a Bologna i commercianti pagano i vigilantes nel quartiere dove morì il Pci, la Bolognina. In questo scenario i cittadini sono esasperati verso un fenomeno che si scontra con l’impotenza a contrastrarlo. Proprietà privata e intimità della casa non sono tutelate. E invece dovrebbero contemplare la quintessenza della protezione. La legge fa acqua: mancano certezza della pena e condanne veloci. Eppure un anno fa il ministro Alfano annunciò l’inasprimento delle pene per furti e rapine nelle case. In Parlamento intanto hanno discusso della riforma del Senato e delle adozioni gay, ma il giro di vite sui furti è parcheggiato chissà dove. Poi qualcuno si scandalizza se, come a Grosseto, un agricoltore spara a quattro ladri albanesi. Ovviamente è stata arrestata la vittima.

Beppe Boni