La vera sorpresa è un costituzionalista in pensione. Si chiama Kaïs Saïed (nella foto bacia la bandiera). Ha 61 anni. E’ il mattatore dell’insurrezione tunisina esplosa nelle urne del voto per il nuovo presidente. Ha fatto il miracolo di attirare i voti dei giovani e dei conservatori.  Non ha alle sue spalle né un partito né un sindacato. Aspettava il risultato in un modesto ufficio nel centro di Tunisi assieme ad altre dieci persone, fra le quali il fratello. Non aveva uno straccio di osservatore nei 13 mila seggi sparsi in tutto il Paese. Per la campagna elettorale ha speso solo quattrini suoi. Ha coalizzato il 19 per cento dei suffragi contro il 14,9 per cento del magnate televisivo Nabil Karoui, 56 anni, patron di Nessma tv, la televisione “Dolce brezza”, finito il carcere il 23 agosto per evasione fiscale e riciclaggio.

L’imprenditore è molto popolare nelle regioni più disagiate. Ha distribuito aiuti alimentari ai più poveri con la sua associazione caritativa Khalil Tounes. La coppia degli indipendenti ha battuto perfino Abdel Fattah Mourou,  l’alfiere dell’ex potentissimo partito Ennahda, la filiale tunisina dei Fratelli Musulmani, inchiodato al 13,1 per cento delle preferenze. L’uomo della continuità con il governo in carica, l’ex ministro della difesa Abdelkarim Zbidi, non ha superato il 9,6 per cento. Youssef Chahed, il premier uscente, ha racimolato solo il 7,4 per cento dei consensi. L’affluenza è stata inferiore al 50 per cento. Non ha superato l’asticella del 45,2. Nel 2014 aveva raggiunto il 64 per cento.

Kais Saied è stato soprannominato “robocop” per il suo eloquio. Parla un arabo letterario e forbito con una cadenza un po’ convulsa. Ha preannunciato che non ha la minima intenzione di trasferirsi nel palazzo della Presidenza a Cartagine e che sua moglie non avrà lo status di “première dame”. Non solo. Aspira a indire un referendum per sostituire l’Assemblea Nazionale, il Parlamento, con una Camera di rappresentanti delle Regioni.

Ha promesso una totale riorganizzazione amministrativa della piramide del potere. E’ sicuramente un conservatore. Non vuole l’abolizione della pena di morte, non appoggia la depenalizzazione dell’omosessualità e osteggia la parità fra gli uomini e le donne in materia di diritto ereditario (contraria alla legge coranica). Si dichiara musulmano, ma non islamista. E’ il vicepresidente dell’Associazione tunisina di diritto costituzionale. Nel 2011 si è dimesso dal comitato di esperti incaricati di mettere a punto il progetto della Costituzione. Al giornale “Jeune Afrique” ha confidato, mostrando un dito macchiato di inchiostro blu, che aveva votato per la prima volta in vita sua.

Colpisce la sua distanza dal suo possibile avversario nel ballottaggio. Karoui è un imprenditore televisivo con ramificazioni in Francia e nel Golfo Persico. E’ considerato il “Berlusconi del Maghreb”. La sua trasmissione “Star Academy” spopola dal 2007. E’ riuscito a sopravvivere a tutte le traversie politiche e ai sommovimenti cominciati con la defenestrazione di Ben Ali. Dopo l’arresto ha affidato la sua campagna alla moglie Salwa Smaoui che domenica, dopo la diffusione degli exit poll, lo implorava: “Nabil, per favore interrompi lo sciopero della fame!”.

Il voto per il capo dello stato era in calendario per novembre. La morte del presidente in carica Beji Caid Essebsi, deceduto a 92 anni il 25 luglio, ha imposto l’anticipo al 15 settembre. Domenica è mancata anche la moglie Chadlia Saïda Farhat, 83 anni. Il Paese che nel 2011 ha dato il via alla stagione delle primavere arabe defenestrando Ben Ali dovrebbe tornare alle urne il 6 ottobre, per eleggere il Parlamento, e, al più tardi, il 13 ottobre per i ballottaggio che vedrà contrapposti Kaïs Saïed e Nabil Karoui. Fra gli oltre sette milioni di cittadini che hanno diritto al voto domenica è prevalso il disincanto. L’economia sta attraversando una delicata fase di transizione. Il tasso di inflazione nel 2018 è stato del 7,5 per cento e quello di disoccupazione si è attestato al 15,2 per cento.