Chi pensa che la Belt and road initiative, la nuova via della seta cinese, sia stata ammazzata dalla pandemia di Coronavirus19 è un ingenuo. Pechino l’ha rimpiazzata immediatamente con la diplomazia delle mascherine antiCovid (nella foto dell’agenzia ufficiale cinese Xinhua il materiale viene caricato su un aereo). La strategia sembra già vincente nei Paesi confinanti dell’Asia. Il South China Morning Post, il giornale più importante di Hong Kong riferisce che squadre di esperti cinesi sono state inviate in Cambogia, nelle Filippine, in Myanmar, in Pakistan (e nel giro di pochi giorni arriveranno anche in Malesia) per condividere le conoscenze acquisite sul nemico invisibile.  Il governo cinese, precisa il quotidiano, ha approvato la fornitura di mascherine e di ventilatori per i polmoni.

Il primo ministro Li Keqiang ha condiviso le sue esperienze nella lotta alla pandemia e i progetti di ricostruzione dell’economia in una video conferenza con i leader del Giappone e della Corea del sud in un recente summit, rigorosamente virtuale, del gruppo “Asean (Associazione del sudest asiatico) più tre”. Il primo risultato tangibile è che sia il presidente filippino Rodrigo Duterte sia il primo ministro giapponese Shinzo Abe sono molto restii a criticare pubblicamente il governo di Pechino, pur essendo finiti nel fuoco delle critiche interne per il blocco tardivo degli arrivi dalla Cina.

“Nel sudest asiatico Pechino ha trovato un terreno fertile come fornitore – argomenta Shahriman Lockman, analista di politica estera pressi l’Istituto malese di studi strategici e internazionali    – mentre gli Stati Uniti si sono rinserrati nelle questioni interne e nel contrasto al virus”. “Mi pare, stando all’oggi, che le elite politiche e di affari del sudest asiatico abbiano dato a Pechino una sorta di amnistia per il silenzio iniziale sul Covid19”, riassume Aaron Connelly ricercatore presso l’Istituto internazionale di studi strategici di Singapore. Gli affari con Pechino continuano ad avere un peso soffocante, anche se il giornale cinese on line “Caixin” ha registrato una “devastante” contrazione dell’economia, meno 6,8 per cento nei primi tre mesi del 2020, il primo calo dal 1992.

Dall’immenso Paese squassato dal Covid19 continuano a rimbalzare notizie di chiusure interne dettate dalla paura di una seconda ondata di importazione. Secondo il sito “Caixin” Le autorità centrali hanno imposto una terza settimana di quarantena ai cittadini rientrati dall’estero. La provincia di Helongjiang ha elevato l’isolamento a 35 giorni per i residenti di Mudanjiang che ritornano in città dalla Russia attraversando il valico di Suifenhe. Una prefettura della provincia di Jilin e la regione autonoma di Guangxi Zhuang hanno aggiunto due settimane ai 14 giorni decretati dal governo centrale. Pesano i casi delle persone che non presentano sintomi: uno studente tornato dagli Stati Uniti è risultato positivo dopo le due settimane canoniche di confinamento. Durante i quattordici giorni di quarantena trascorsi in un albergo scelto dal governo per tre volte era risultato negativo. Il virus è un terribile avversario sfuggente.

La vecchia Belt and Road initiative resta attiva invece in Laos. L’agenzia ufficiale Xinhua comunica che è stato completato il primo dei due ponti che attraversano il fiume Mekong lungo la via ferrata che collegherà i due Paesi con convogli merci che potranno viaggiare a 160 chilometri all’ora. L’ultima trave del manufatto è stata montata vicino a Luang Prabang. La struttura è lunga un chilometro e mezzo. Una linea di 414 chilometri collegherà il valico di confine di Boten con la capitale Vientiane. Xinhua sciorina con trionfante acribia i numeri  dell’opera: 198 chilometri di gallerie e 62 di ponti.