Ottanta vittime il 4 aprile nella cittadina siriana di Khan Shaykhun che, secondo i ribelli, è stata colpita con armi chimiche. “Troppe cose non tornano”, riassume Marcello Ferrada de Noli, 73 anni, professore emerito di epidemiologia dei feriti e di salute pubblica all’università svedese di Gävle, ricercatore nella stessa materia al Karolinska Institutet di Stoccolma, la facolta’ di medicina più importante del Paese, e fondatore dei Medici Svedesi per i Diritti Umani. Per esempio che cosa non quadra? “Se fosse stato usato un gas ad alta tossicità – osserva – i sopravvissuti dovrebbero essere molti meno dei morti. Mentre dal video dei Caschi Bianchi (ndr. i volontari siriani della difesa civile) si ricava il contrario. A Khan Shaykhun abitavano 52 mila persone. Ho osservato la zona che sarebbe stata colpita con Google Maps. Vicino c’erano moltissime case”.

Quindi che cosa pensa?                                 

“Non abbiamo nessuna prova in nessuna direzione. Le altre possibilità sono un incidente in un deposito o semplicemente un falso. Sarebbe necessaria una missione di esperti che indagassero sul posto. In ogni caso non è improbabile che siano stati i ribelli”.

Perché?

“Esistono “reports”, ossia informazioni, sul fatto che hanno armi chimiche e che in passato le hanno usate. Poi ci sono molti altri particolari che si ricavano dai video e che non quadrano. I soccorritori non indossano alcun tipo di protezione, attrezzatura che invece deve essere assolutamente utilizzata in queste catastrofi”.

Altri indizi?

“I vestiti. I contaminati debbono essere spogliati anche in caso di attacco con il cloro. Mi pare strano che li irrorino con getti d’acqua senza averli denudati. Nel video trasmesso dalla tv russa Rossiya 24 un dottore si scatta un selfie vicino a un  ferito e dice di sentire un odore. Il Sarin è assolutamente inodore. Infine abbiamo una sola fonte, i Caschi Bianchi”.

Che hanno segnalato l’accaduto a Shadi al Shadeh, direttore dell’Unione delle Organizzazioni di Cure Mediche e di Soccorso che ha sede a Ginevra, una rete internazionale che li appoggia.
“La sua fonte, un dottore del quale non intendo riferire il nome, ammette di non essere un esperto di armi. Parla di missili caduti dal cielo, ma non capisco come abbia trovato il tempo di uscire dall’ospedale nel quale lavorava per riuscire a osservarli. C’è poi la questione di quanto siano credibili i Caschi Bianchi”.

Lei sostiene che operano nelle aree sotto il controllo dell’Isis e dei qaedisti siriani di Jabhat al Nusra, che ora si è ribattezzata Jabhat Fatah al Sham, il Fronte per la Conquista del Levante. C’è altro?

“Il 15 marzo del 2015 hanno denunciato un attacco chimico contro Sarmin, un centro abitato ch si trova nella zona di Idlib. Leith Fares, uno dei loro leader citato da Human Rights Watch, ha detto che un elicottero ha sganciato due barili-bomba al cloro. Non ci sono immagini di esterni, ma solo di un interno. Leif Elinder, un pediatra svedese, ha definito bizzarre, non mediche, non salvavita e anche controproducenti le manovre di rianimazione di un bambino mostrate dal video dei Caschi Bianchi ”.

Lei ha interpellato anche un altro medico svedese, Lena Oske.

“Che ha qualificato come scorretta la supposta iniezione di adrenalina su un piccino. Un collega le ha detto che, se non era già morto, avrebbe potuto essergli fatale. In ogni caso Lena Oske ha osservato che la si può tentare in una situazione di emergenza, ma che i massaggi al cuore e ai polmoni debbono essere interrotti e poi immediatamente ripresi, manovre che non si vedono nel filmato. Poi c’è una singolare concomitanza di tempi”.

Quale?

“Subito dopo aver denunciato un attacco chimico del regime i ribelli chiedono che si stabilisca una zona di interdizione dei voli dei jet militari sulla Siria. E’ successo nel 2015 e anche nei giorni successivi ai fatti di Khan Shaykhun”.