Di Lorenzo Bianchi

Un incendio sospetto in un bunker iraniano nel quale erano collocate centrifughe per arricchire l’uranio e bombe di jet invisibili F-35 (nella foto) su un impianto per la costruzione di missili. Come sempre, i vertici militari di Israele non commentano l’azione. La notizia è stata pubblicata dal quotidiano del Kuwait “al-Jarida” e ripresa da “Times of Israel” e da “Debka”,un sito specializzato in temi di intelligence .I due blitz sarebbero la reazione a un tentativo di inquinare gli acquedotti di Israele con il cloro messo in atto dalla teocrazia di Teheran in aprile.  L’attacco è stato sventato dalle strutture di sicurezza cibernetica.

All’alba del primo luglio un incendio e un’esplosione hanno devastato una galleria dell’impianto di  Natanz, 250 chilometri a sud di Teheran. Le centrifughe  che arricchiscono l’uranio sono protette da uno strato di cemento armato spesso 7,6 metri. Diverse foto mostrano il tetto di un edificio completamente annerito e distrutto dal fuoco. Il servizio in lingua persiana della “Bbc” sostiene di aver ricevuto una e mail di rivendicazione firmata dai “Ghepardi della Patria”, prima che la deflagrazione fosse resa di pubblico dominio. Il gruppo, che si definisce “ala dissidente dei militari iraniani”, è del tutto ignoto agli esperti di affari interni dello stato guidato dagli ayatollah.

Fabian Hinz, ricercatore del “Centro James Martin per gli studi sulla non proliferazione” di Monterey in California, sostiene che l’incendio ha devastato l’angolo nordoccidentale della base, in particolare una nuova struttura per trattare il metallo fissile che può essere usato per armare le testate atomiche se raffinato al 95 per cento. Lo studioso è arrivato a questa conclusione sulla base di immagini satellitari e di programmi della tv di stato della teocrazia. Il portavoce dell’Organizzazione iraniana per l’energia atomica Behrouz Kamalvandi ha cercato di minimizzare il danno sostenendo che la struttura è solo un “capannone industriale” in costruzione. Sia Kamalvandi sia il responsabile del programma nucleare iraniano Ali Akbar Salehi però si sono precipitati a Natanz dopo l’incendio. In novembre Salehi aveva annunciato all’emittente televisiva statale che a Natanz l’Iran sta mettendo in funzione 60 centrifughe Ir-6, il doppio rispetto a quelle già in dotazione alla struttura, in aperta violazione dell’accordo del 2015. Le Ir-6 sono in grado di produrre uranio arricchito  a una velocità dieci volte superiore rispetto a quella delle Ir-1  di prima generazione ammesse dall’intesa del 2015. Il 14 luglio di quell’anno Iran, Cina, Francia, Russia, Gran Bretagna, Stati Uniti, Germania e Unione Europea hanno firmato il “Joint Comprehensive plan of action” che avrebbe dovuto congelare i progressi atomici degli ayatollah limitando l’arricchimento al 3,67 per cento, un tetto compatibile con gli usi civili. Il presidente  americano Donald Trump ha ritirato il consenso del suo Paese nel maggio del 2018.

Sei giorni prima a Teheran si è sentita una grande esplosione nel complesso militare di Parchin, a 20 chilometri dalla capitale, un impianto nei cui tunnel sotterranei si costruiscono missili. “Al Jarida” sostiene che è stato bombardato da jet F-35 Stealth (invisibili) decollati dal sud di Israele. Lo scoppio ha carbonizzato la macchia arborea per centinaia di metri. Il portavoce del ministero iraniano della difesa Daud Abdi ha attribuito il disastro a una fuga di gas e ha aggiunto che nessuno ha perso la vita. L’area dei silos è vicina alla struttura “Khojir” nella quale vengono assemblati i razzi. Sarebbe stato colpito un impianto del gruppo industriale che fabbrica vettori a propellente solido. Secondo l’Agenzia internazionale dell’Onu per l’energia atomica a Parchin l’Iran ha condotto anche test sugli inneschi esplosivi di testate atomiche.

La risposta dell’Iran è la solita minaccia di strozzare il flusso del petrolio nel Golfo Persico, la via d’acqua attraversata da petroliere che assicurano un terzo del commercio mondiale di greggio. Ali Reza Tangsiri, ammiraglio delle Guardie Rivoluzionarie della teocrazia iraniana  in un’intervista al settimanale “Sobhe Sadegh” ha dichiarato che le forze navali del suo Paese hanno installato nuove basi missilistiche sotterranee lungo le coste meridionali del Golfo Persico e del mare di Oman. “Teniamo d’occhio – ha assicurato – ogni singolo natante che attraversa lo stretto di Hormuz e, se le forze statunitensi commettono errori, saranno inseguite fino al Golfo del Messico”. Non contento,ha aggiunto che “i nemici dovrebbero prepararsi alla notizia di nuovi vascelli e di missili iraniani a lungo raggio nel prossimo futuro”.

Proprio in questi giorni sia Israele sia l’Iran registrano picchi di contagi da Covid-19, una situazione che ha spinto il premier Benjamin Netanyahu a proclamare lo stato di emergenza.  Il ministro israeliano della difesa Benny Gantz è in quarantena dopo un contatto con una persona positiva al virus. I medici dicono che è in buone condizioni di salute. Il capo di stato maggiore Aviv Kochavi è in isolamento precauzionale per lo stesso motivo. Nelle Forze Israeliane di Difesa (Idf) mercoledì 8 luglio i casi erano 350. I malati gravi sono aumentati. I matrimoni sono stati bloccati. Siegal Sadetzki, responsabile della sanità pubblica ha lasciato l’incarico. “Israele ha buttato al vento – ha sparato a zero – il suo successo nella prima ondata della pandemia allentando i vincoli prematuramente”. In Iran nelle ultime 24 ore le nuove vittime sono state 142, dopo il record di 221 morti toccato ieri. Lo ha riferito nel suo bollettino quotidiano la portavoce del ministero della Salute Sima Sadat Lari, sottolineando che molti dei nuovi casi sono persone che hanno partecipato a funerali.