Di Lorenzo Bianchi

La frattura all’interno della Casa Reale giordana per ora sembra ricomposta. In un messaggio ai cittadini affidato alla televisione il re spiega che la mediazione decisiva è stata affidata a suo zio Talal. “Hamzah (il fratellastro del sovrano a destra nella foto) – fa sapere Abd Allah II – si è impegnato davanti alla mia famiglia a seguire la strada dei suoi antenati. Ora è con la sua famiglia, nel suo palazzo, sotto la mia ala”. Il monarca hashemita ammette che “la sfida dei giorni passati, non è stata la più difficile né la più pericolosa per la stabilità della nostra Patria, ma per me la più dolorosa, perché le parti in discordia erano dentro e fuori la nostra stessa casa”. “Siamo ben consci – conclude il Re – del peso e delle difficoltà dei nostri cittadini, ma ci misureremo con esse e con le altre sfide, come sempre, uniti”.

Hamzah era stato interrogato nella sua casa dal capo di stato maggiore delle forze armate che gli ha detto di non allontanarsi, venti personaggi di alto rango erano stati arrestati. I funzionari del Palazzo reale di Amman si dicevano convinti di aver messo a nudo “un complotto complesso e di vasta portata che includeva almeno un altro membro della Casa reale, leader tribali, esponenti dell’establishment e della sicurezza del paese”. Secondo il vice primo ministro Ayman al-Safadi «l’intellligence ha monitorato una persona con collegamenti a servizi di sicurezza stranieri che comunicavano con la moglie del principe Hamzah» e che «le offrivano immediatamente un aereo per lasciare la Giordania». Un’agenzia del Regno ha citato a questo proposito Roy Shaposhnik, un cittadino israeliano. Il “Corriere della sera” riferisce che l’interessato è stato contattato, per il sito “Axios“, dal giornalista Barak David. Shaposhnik, che vive in Europa, avrebbe detto di essere “un amico del principe”, di essersi “messo a sua disposizione” e di aver ricevuto un secco rifiuto. L’uomo ha una società che opera nel settore della sicurezza privata. Secondo l’agenzia ufficiale giordana “Petra” è stata aperta un’indagine per chiarire una vicenda che rappresenta “una minaccia alla stabilità del Paese”.

Ufficialmente nessuno usa le parole “golpe fallito”, ma in sostanza “l’Intelligence generale” del Regno avrebbe sventato un complotto ai massimi livelli. Ora è confinato nella sua abitazione il fratellastro del monarca Hamzah bin Hussein, 41 anni, figlio di Noor, americana di nascita e quarta moglie di Hussein, il sovrano in carica dal 1952 al 1999. In un video diffuso dalla “Bbc” il principe riferisce di aver ricevuto la mattina del 3 aprile una visita di Yousef Huneiti, capo di stato maggiore delle Forze armate giordane, “il quale mi ha informato che non mi era permesso uscire, comunicare con altre persone o incontrarle”. Secondo alcune fonti gli sarebbero anche stati ritirati i codici di sicurezza. Hamzah avrebbe partecipato ad alcuni eventi nel corso dei quali sono state mosse “critiche al governo o al re”. Nel filmato respinge i sospetti, ma dichiara: “Non sono la persona responsabile del crollo della governance, della corruzione e dell’incompetenza che è stata prevalente nella nostra struttura di governo negli ultimi 15-20 anni e non sono responsabile della mancanza di fiducia che le persone hanno nelle loro istituzioni”.

Nel 1999 era stato nominato Principe ereditario da re Abd Allah II, figlio della seconda moglie di Re Hussein, la britannica Moona. Nel 2004 è stato destituito dal monarca. L’agenzia “Petra” pubblica solo due nomi sui venti finiti in manette. Sono l’ex ambasciatore in Arabia Saudita Sharif Hassan Bin Zaid, un membro della famiglia reale hashemita, e Bassem Ibrahim Awad Allah, già capo della Casa Reale e ministro delle finanze, efficace promotore di riforme economiche osteggiate inutilmente e a lungo dagli ambienti più tradizionalisti della Corte giordana. Awad Allah è un cittadino giordano nato a Gerusalemme. In passato aveva diretto l’Ufficio del re Abd Allah II ed era stato numero uno della corte. Di lui si dice che intrattenga rapporti stretti con la famiglia reale dell’Arabia Saudita.

Secondo il giornale israeliano “Jerusalem Post” in cella sono finiti anche Yasser Suleiman al-Majali, direttore dell’Ufficio di Hamza, e Adnan Abu Hammad, numero uno del Palazzo dell’ex principe ereditario. Secondo Rashid al-Majali, un parente di Yasser Suleiman, agenti pesantemente armati “hanno puntato le armi in faccia a donne e bambini e hanno portato Yasser in un luogo segreto. Il mio congiunto ha problemi di cuore e ha bisogno di farmaci 24 ore su 24”. I Majali sono un’influente famiglia di al-Karak, la città giordana nella quale erano emigrati da Hebron, in Cisgiordania. Hazza al-Majali e Abdelsalam al-Majali sono stati primi ministri del Regno hashemita.

Gli Stati Uniti, l’Egitto e il Consiglio Generale dei Paesi del Golfo hanno dichiarato il loro pieno sostegno al monarca Abd Allah II. Il dipartimento di stato americano lo ha definito “un partner chiave”. Le monarchie petrolifere, prima fra tutte quella che domina l’Arabia Saudita, appoggiano le mosse del Re. Un portavoce della presidenza egiziana ha manifestato su “Facebook” l’appoggio agli sforzi del monarca giordano “per mantenere la sicurezza e la stabilità del Regno”.