Chi ha capito tutto? E chi, invece, non ha capito quasi niente? Verrebbe proprio voglia di chiederselo. E pure in quel modo lì, un tantino brutale, ma molto diretto ed efficace. Già, chi ha capito tutto? La domanda diventa quasi scontata dopo aver letto che mentre il basket, proprio in queste ore, sta decidendo di dimezzare le società professionistiche, al contrario i club della Lega Volley hanno chiesto di bloccare le retrocessioni dalla serie A all’A2  e di tutelare le società che stanno spendendo tanti soldi per mantenere ad alto livello il volley. Due approcci che non solo vanno in direzioni opposte, ma che sposano pure filosofie completamente diverse. Visto che tutto ciò è successo a pochi giorni di distanza, allora è giusto chiedersi chi ha ragione e chi ha torto. Beh, a nostro modo di vedere è il volley ad avere ragione.

 I dirigenti che vivono sotto rete, lo dimostra la loro storia, sono sempre qualche passo avanti rispetto a quelli che vanno a canestro. E ora, per primi, hanno capito che il mondo dello sport sta cambiando. Che bisogna dare continuità a chi lavora sul territorio con serietà. Le retrocessioni, in quasi tutti gli sport, non sono più solo retrocessioni: sono quasi avvisi funebri. Nel calcio come nel basket e nel volley ma pure in altri sport come, ad esempio, la pallamano, chi retrocede spesso rischia di sparire di scena. Di esempi potremmo farvene a decine. Ma anche chi non retrocede corre lo stesso rischio per un semplice motivo: pur di evitare il salto all’indietro molti club si svenano e restano senza risorse economiche. Non è un caso, ad esempio, che quest’anno solo dalla LegaDue di basket sono scomparse  cinque società  (Rimini, Casalpusterlengo, Ferrara, Udine e Trapani) che avrebbero avuto diritto a disputare il campionato ma che hanno rinunciato o non sono state ammesse per mancanza dei requisiti.

 Questo ci permette di fare una riflessione sul fatto che non si può continuare a pensare che sia solo il titolo sportivo a garantire la partecipazione ad un campionato. Bisognerebbe fissare diversi altri parametri in grado di premiare le società serie, quelle che lavorano sui vivai, quelle che sono radicate sul territorio, quelle che pagano gli stipendi, quelle che riempiono i palasport, quelle che danno garanzie sotto tutti i profili, anche e soprattutto economici-finanziari. E, magari, cominciare a pensare ad abolire le retrocessioni o, almeno, a fare in modo che non siano frutto solo di una stagione balorda. Assegnando, al limite, delle licenze triennali a tutti i club (come avviene già in Eurolega) in modo che si possa lavorare senza ansia costruendo una squadra a piccoli passi e dando spazio ai giovani.

 Perché, inutile girarci attorno, se un club rischia di retrocedere, non punterà mai sulla crescita di un ragazzino. Al contrario se per una stagione può permettersi di risparmiare e lanciare un giovane senza vivere con l’incubo della retrocessione, ecco che si aprirebbero spazi importanti per i giovani del vivaio. Crediamo, sinceramente, che sia arrivato il momento che anche il basket rifletta su questa possibilità. Perché solo così si può dar vita ad un campionato di alto livello. Il volley lo ha capito, il basket, al contrario, fa calare dall’alto una riforma che va in tutt’altra direzione. E che, temiamo, non risolverà un solo problema. Anzi, potrebbe peggiorare ulteriormente la situazione…