Aiuto, spuntano le margherite. Perché questo allarme, vi chiederete voi? Semplice: perché quando spuntano le margherite, nel basket spuntano i problemi. Un sacco di problemi. La primavera dei canestri, si sa, è un po’ così. Perché, invariabilmente, saltano fuori club in difficoltà, giocatori che si lamentano per gli stipendi non pagati, dirigenti che lanciano allarmi, squadre che perdono i pezzi per strada (alla faccia della regolarità dei campionati e dell’equità competitiva…).

Negli ultimi giorni, tanto per non stare qui a dare aria ai denti, abbiamo scoperto che Teramo si è separata, o si sta separando, da due stranieri per problemi tecnici ma pure per le difficoltà economiche (Goods e Green). Che Avellino ha divorziato da Lauwers perché pare che l’italo-belga lamentasse difficoltà nel ricevere gli stipendi. Che Caserta ha dichiarato di aver bisogno urgentemente di 700 mila euro per concludere regolarmente la stagione e, al contempo, ha lasciato tornare negli Stati Uniti il pivot Fletcher. Che pure Montegranaro non vive una situazione semplicissima. Che a Pesaro stanno per perdere lo sponsor, nonché dirigente, perché “mister Siviglia” ha detto che dopo due anni si è stancato. «Non è scattata la passione…» si è giustificato. Mentre lo storico patron Walter Scavolini ha rincarato la dose sostenendo che non si diverte più. Non parliamo poi di Treviso dove la famiglia Benetton si è ormai disimpegnata e il futuro rischia di essere più di un’incognita. Esattamente come a Roma dove Toti ha esaurito la sua spinta propulsiva e non ha più tanta voglia di buttare soldi nel cestino.

Poi, scendendo in LegaDue, dove la situazione è comunque migliore e, forse per questo, la Fip vuole cancellare questo campionato, abbiamo letto del play di Forlì Mike Nardi che si è lamentato su Facebook di non aver ricevuto i soldi relativi al suo contratto di immagine (bisognerebbe pure approfondire se è vero che in LegaDue ci siano giocatori che hanno contratti di immagine superiori allo stipendio…). A Brescia, invece, stanno cercando nuovi soci e nuove forze economiche senza le quali si rischia di vanificare lo straordinario lavoro fatto negli ultimi anni. A Ostuni, nel frattempo, si stanno rendendo conto di quanto sia difficile sostenere un campionato professionistico. E d’altronde non è un caso che nell’ultima estate, ben cinque club (Rimini, Udine, Casalpusterlengo, Ferrara e Trapani) che avrebbero avuto diritto a disputare questo torneo abbiano declinato l’invito o non siano riusciti a trovare le risorse per potersi iscrivere.

Un quadro desolante per il basket italiano. Davanti al quale non abbiamo sentito alzarsi una sola voce. Nessuna protesta. Nessun dibattito. Nessun grido d’allarme. Nessuno che ponga il dito sul tema, delicatissimo e importantissimo, del doping amministrativo. Niente di niente. Ormai viene considerato tutto normale. Ci si preoccupa solo di riformare i campionati, magari spedendo tra i dilettanti società sane e serie e lasciando tra i professionisti chi, a marzo, raggiunta la salvezza, comincia a smantellare la squadra. Si pensa, insomma, a costruire una casa dal tetto, facendo finta di non accorgersi che, giorno dopo giorno, continuano a crollare le fondamenta. E noi, come sempre, in questo periodo siamo lì, a urlare: aiuto, spuntano le margherite…