Qualcuno si è stropicciato gli occhi quando ha visto in mezzo alla fila quell’uomo sulla cinquantina, biondo, sguardo fiero sopra  un filo di occhiaie per una nottata di festa,  e quell’inconfondibile gillet blu. Sì, era proprio lui,  capitan Nick Sloane, l’uomo che ha fatto l’impresa, il marinaio ingegnere che in 19 ore ha  raddrizzato, insieme alla Costa Concordia, anche l’orgoglio ferito di un grande Paese.  In fila per acquistare un biglietto dal Giglio a Porto Santo Stefano. E tutti hanno pensato la stessa cosa: se invece di Nick  Sloane  il capitano si fosse chiamato, che so,  Nicola Sloani,  passaporto italiano, dopo il bagno di osanna in cui l’hanno immerso per l’ormai celebre parbuckling della Concordia, avrebbe considerato normale avere almeno un elicottero a sua disposizione, altro che un affollatissimo traghetto collettivo.  Così come i nostri politici considerano normale viaggiare in auto blu e prendere treni,  aerei ed elicotteri a spese del contribuente malgrado stipendi tuttora vergognosi, ingiustificati e ingiustificabili.

Non è la solita solfa sui costi della politica, qui siamo davanti a una questione di cultura. E di fronte a questa cultura un inchino si può fare: per l’eroe Nick Sloane è perfettamente normale fare la fila come gli altri comuni mortali alla biglietteria per acquistare un biglietto (era per la moglie tra l’altro) . Avrebbe potuto chiederlo a chiunque, chiunque al Giglio sarebbe corso a fare quel biglietto per lui o per la signora Sloane.  Non lo ha fatto perché viene da un altro paese, da una cultura anglosassone che contempla il merito ma non il privilegio gratuito.

E allora grazie, capitano. Grazie per aver trasformato la nave della vergogna in una storica giornata italiana. Grazie per esserti commosso davanti alle telecamere mentre un’isola intera ti ringraziava. E grazie per quest’ultima, piccola e grandissima lezione di civiltà.