Ahi ahi ahi sior Renzi, gli avrebbe detto il buon Mike, le mi casca proprio.. sull’inglese. E dire che il nostro premier 2.0 con il francese se l’era cavata egregiamente a Tunisi. Sull’inglese però, a giudicare dal poco che si è sentito nell’incontro con il segretario di Stato americano John Kerry, dovrebbe lavorarci un po’, visto che la lingua internazionale, piaccia o non piaccia, è quella. Intendiamoci,  l’inglese scolastico di Renzi – pronuncia così così ma vocabolario ampio – ha sfumature shakesperiane in confronto a quello ipermaccheronico balbettato da Berlusconi con Bush a Camp David (in un disperato salvataggio  l’ex presidente Usa gratificò B. con un “Your  English is very good sir” ). Però non basta: e se neppure un premier da corsa come Renzi è fluent in inglese, beh, non gli si può dar torto quando parla della scuola come punto di partenza di una nuova Italia.

Che fine hanno fatto le vecchie promesse di intensificare lo studio dell’inglese? E il proposito di assumere  solo insegnanti di madre lingua? O pensiamo che in Francia o in Germania l’inglese venga insegnato da francesi e tedeschi? Questo della lingua è davvero un tabù per noi italiani, siamo all’ultimo posto nell’Europa che conta come conoscenza delle lingue, che è la base per allacciare rapporti con il mondo in modo proficuo.

Invece, basta dare un’occhiata alle traduzioni in inglese affisse su molti dei nostri monumenti per capire quanto sia grave il problema. In Cina, poco prima dell’Expo 2010, le autorità di Shanghai avviarono una campagna per individuare e correggere gli errori madornali che spesso si leggevano sui cartelli affissi nei luoghi pubblici. Già perchè l’uso del «Chinglish», un linguaggio ibrido a metà tra l’inglese e il cinese, così come lo Spanglish lo è in America tra inglese e spagnolo, era una delle «attrazioni turistiche» più divertenti e singolari nella New York asiatica. Prima dell’Expo non era difficile trovare un cartello che tradotto dall’inglese diceva “si prega di urtare la testa con attenzione», mentre se si veniva derubati nella metropolitana di Shanghai, un avviso consigliava di «chiamare la polizia una sola volta». Poi tutto cambiò.

Vediamo come sapremo cavarcela noi da qui all‘Expo di Milano 2015.  Per il momento da Firenze a Roma, da Milano a Venezia l'”Itanglish” colpisce senza pietà. Per non parlare degli annunci in puro inglese oxfordiano che si sentono sui Frecciarossa o sui traghetti per le nostre isole, e che immancabilmente suscitano l’irriverente ilarità dei passeggeri anglosassoni. Ma tant’è. Siamo tra i pochissimi europei che non parlano inglese come seconda lingua e che doppiano i film,  e questo proprio perché nelle scuole l’inglese è insegnato poco e male. Ci si stracciano le vesti per la difesa dei (sacrosanti) dialetti locali ma della lingua internazionale per eccellenza se ne infischiano tutti.   Non basta la Grande Bellezza. Bisogna anche saperla raccontare.