Forconi? Magari si vedessero in piazza i nobili forconi dei sani contadini di una volta… Ma questo movimento-blob  dove c’è tutto e il contrario di tutto, dagli ultras che se la prendono con i tifosi dell’Ajax (Milano) al capopopolo che alla fine del comizio se ne va in Jaguar (Genova), la dice lunga sullo spessore della protesta. Del resto, che volete aspettarvi da gente che urla di “fermare l’Italia” come se l’Italia non si fosse già fermata da anni per conto suo?

Questione di mentalità, e di popoli. Prendiamo gli odiati yankee, che hanno cavato d’impaccio l’Europa un paio di volte nell’ultimo secolo, che imitiamo in tutti i modi possibili, ma che non perdiamo occasione per dileggiare, sventolando un insensato antiamericanismo viscerale d’origine sconosciuta. Bè, avete presente Detroit? L’ex capitale dell’auto recentemente ha dichiarato bancarotta, con un debito di 18 miliardi di dollari. Ma era già in rovina una decina di anni fa, quando mi sono ritrovato a camminare lungo strade fantasma, fiancheggiate da grattacieli vuoti, uffici desolati, con un tasso di criminalità che cresceva a vista d’occhio. I numeri parlano chiaro: 30 per cento di disoccupati, quasi l’80 per cento dei crimini impuniti, e un calo di abitanti da far paura,  dai due milioni del 1950 agli 800mila di oggi.

La chiamavano Motown, la città dei motori, la culla della Ford, della General Motors, della Chrysler. La chiamavano anche la City of Homeowners, la città dei proprietari: con l’esplodere della bolla dei mutui è diventata la città degli insolventi, e migliaia di edifici – si parla di quasi 80mila –  sono stati abbandonati.

Ebbene, sapete cosa ha cominciato a fare un gruppo di giovani imprenditori di Detroit riuniti sotto il cartello  “Reclaim Detroit” (Recuperare Detroit) ?  A smantellare le case abbandonate per recuperare la maggior parte dei materiali, soprattutto il legno,  e riutilizzarli per creare mobili nuovi da vendere. Il tutto con la benedizione delle autorità e dei proprietari, che donando il legno destinato altrimenti a marcire possono godere di agevolazioni fiscali.  Una sorta di  riciclaggio della città, insomma: i vecchi mobili vengono smantellati, e il legno trattato e riutilizzato per  realizzare nuovi arredi, anche su misura, che a prezzi contenuti ma con un margine di guadagno altissimo vengono venduti via Internet in ogni angolo degli Stati Uniti. E intanto schiere di artisti stanno trasformando l’ex Motown nella nuova capitale dell’arte, affittando loft da sogno al prezzo di un pranzo da McDonald’s e aprendo decine di gallerie in garage e musei abbandonati.  Di Detroit risentiremo parlare presto, tutto fa pensare che dalle ceneri di Motown nascerà una nuova città-fenomeno, più piccola, più vivibile, più unica.     

E’ lo spirito profondo dell’anima yankee: risorgere, mai piangersi addosso, riuscire a creare nuove opportunità e nuove occasioni di vita anche dalla più devastanti sconfitte. E’ una versione nuova dell’American Dream, ma in fondo è sempre la stessa cosa. Il sogno americano è eterno. L’incubo italiano, forse, pure.