Wikipedia: il Kazakistan è una dittatura fortemente personalistica, creata e guidata da Nursultan Nazarbayev.” World factbook della Cia:  “Republic; authoritarian presidential rule, with little power outside the executive branch” : significa dittatura in termini politicamente corretti.  Per carità, nulla di particolarmente strano in una repubblica nata dalla dissoluzione dell’impero sovietico, la strada per la democrazia è lunga e accidentata. Però a questa dittatura sono stati rispediti la moglie e la bambina di un dissidente, cadendo molto probabilmente in un tranello teso dall’MI6 britannico (il servizio segreto di James Bond per intenderci)  come ha ben spiegato il nostro Alessandro Farruggia .

Premetto, dunque, che sulla vicenda delle dimissioni di Alfano, la penso esattamente come Matteo Renzi: se sapeva è un problema, se non sapeva è anche peggio.  Ma con Alfano dovrebbero andarsene tutti i funzionari del ministero – e i magistrati della Procura della Repubblica –  che hanno avallato un’azione indegna di un Paese civile, violando non solo un codice morale, ma anche un ben preciso articolo del Testo unico sull’immigrazione, il 19:  “In nessun caso può disporsi l’espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione”

Invece il fuoco è concentrato su Angelino, cioè su Letta, cioè sul governo.  Pensate che a qualcuno freghi qualcosa dei diritti umani in Kazakistan? Ma per favore.  Quello che fa più incazzare in questa storia è proprio la ridicola passione con cui all’improvviso gli oppositori di Letta difendono i diritti dell’opposizione kazaka twittando furiosamente da sotto l’ombrellone.  Personaggi che manco sanno se Astana o Almaty o Alma Ata siano la stessa città, e neppure dove si trovi esattamente il Kazakistan scambiandolo allegramente con Azerbajan o Turkmenistan , diventano i più feroci avversari di un Nazarbayev  che è comunque un capo di stato con cui esistono rapporti diplomatici nostri e dei nostri alleati. Arrivando a descrivere il dissidente Ablyazov come un eroe della libertà, una specie di Robin Hood,  ignorando serenamente che si tratta di un miliardario colpito da un mandato di cattura internazionale dell’Interpol al quale gli agenti di Londra  hanno sequestrato beni per miliardi di sterline. Insomma, una cosa è essersi macchiati di una colpa imperdonabile consegnando nelle mani dei kazaki sua moglie e sua figlia, un’altra è trasformare questo miliardario in un campione della libertà. Ma tanto non è questo il punto. Il punto è sempre la lotta per il potere. Ad Astana? No, a  Roma.