Nel calcio il cambio di allenatore è una pratica, seppur spesso costosa, che viene adottata quando le cose vanno male, più per dare una scossa emotiva all’ambiente che per impartire nuovi moduli di gioco.
Nel golf non è così poiché i giocatori cercano le giuste indicazioni tecniche e non le motivazioni a dare il massimo. Questo avviene a qualsiasi livello, dal neofita al numero uno al mondo.
Il problema è che nel golf lo swing non è un assoluto. Fisicità diverse portano a movimenti differenti per i quali però il risultato dovrebbe essere il mesedimo: tirare la pallina dritta e possibilmente lunga.
Tiger Woods qualche settimana fa ha cambiato nuovamente allenatore. Dopo il burrascoro addio con Hank Haney nel 2010, il Fenomeno si era affidato al canadese Sean Foley il quale però non è mai riuscito a trasmettergli appieno la propria filosofia. Foley infatti cerca di plasmare il movimento partendo dai limiti fisici dell’atleta. Per farlo collabora con Craig Davies, medico che ben conosce le dinamiche fisiche legate allo swing. Tiger però non ha mai preso “l’intero pacchetto” e così, come lui stesso ha ammesso, non è riuscito a mettere in pratica le indicazioni di Foley. Fortunatamente, a differenza del divorzio con Haney che aveva cavalcato l’onda pubblicando anche un libro, il distacco da Foley è stato privo di polemiche o strascichi: «Non volevamo che la conclusione del nostro rapporto di lavoro ledesse alla nostra amicizia – ha detto Foley – Amo Tiger e gli auguro il meglio e sono fiero di come abbiamo gestito la situazione, direi con molta classe».
Dopo qualche mese di ricerca Tiger ha deciso di affidare il proprio swing a Chris Como, uno dei migliori maestri al mondo e seguace dello swing biodinamico. Che cosa hanno fatto i due? Si sono rimessi a guardare tutte le videocassette degli swing del “giovane Tiger” captandone i capisaldi. «Ci sono alcune cose che rispetto a quando si era più giovani non si riescono a fare – ha raccontato il Fenomeno che ha poi concluso dando una grande lezione – Non arriverò mai alle distanze che raggiungono i giocatori più lunghi ma ci sono altri modi per giocare bene e continuare a vincere nel corso degli anni. Essere più lunghi serve a dominare e battere gli altri da un punto di vista psicologico ma nel golf non bisogna battere gli altri, bensì il campo».
Da suo tifoso spero che sia lo stesso Tiger a essersi convinto di questa tesi, da golfista cercherò di ricordarmene al prossimo drive.