Ci sono leggi nel nostro ordinamento che, forse più di altre, sono il simbolo di come la società italiana sia più avanzata di quanto non siamo disposti a credere. C’è la Legge Bacchelli, ad esempio. Che da trent’anni, e spesso sottotraccia, fa quello che una comunità matura dovrebbe sempre fare. Prendersi cura dei più deboli, ovvio. Ma soprattutto farsi carico di coloro che alla società hanno dato per tutta una vita più di quanto poi hanno ricevuto.

Un vitalizio, di questo si parla, se non fosse il termine ormai sporcato da anni di malcostume. La legge Bacchelli è un vitalizio che il Capo del governo, su deliberazione del Consiglio dei Ministri, e previa comunicazione al Parlamento, assegna ai cittadini italiani privi di condanne irrevocabili che abbiano acquisito chiara fama e meriti sul campo, nelle scienze, nelle lettere, nelle arti, nell’economia, nel lavoro, nello sport, e “nel disimpegno di pubblici uffici o di attività svolte”.

Cosa vuol dire? Facile: che mai nessuno li ha pagati davvero. E che questi hanno continuato. Perché, sciocchi loro, hanno pensato che fare arte e cultura, o divulgare conoscenza, fosse un dovere morale, dato per scontato fino al punto da dedicarci una vita. Senza pensare ai soldi, e magari dimenticandosi di farsi versare i contributi. Ma non è una cosa indegna e immorale che chi ci ha dato lustro e ha contribuito a educarci, a renderci migliori, passi poi una vecchiaia di povertà e indigenza? A questo pensa una comunità seria: ad assicurarsi che le persone dal chiaro merito poi non vengano dimenticate. Restituendo loro, oltre che il riconoscimento morale che già hanno, una vecchiaia di dignità.

La poetessa Alda Merini, lo scrittore Saverio Strati, il cantautore Umberto Bindi, la soprano Anita Cerquetti, il filosofo Guido Ceronetti… Tra i beneficiari della legge Bacchelli, oggi 30mila persone, firmatarie di una proposta consegnata ieri alla presidente della Camera, Laura Boldrini, vorrebbero inserire anche il giornalista antimafia Riccardo Orioles.

Chi è? Il fondatore de I Siciliani, in buona compagnia di Pippo Fava, poi barbaramente ucciso per via del suo lavoro. Dopo la morte di Fava è stato Orioles a continuare. A denunciare, per anni, a scrivere ‘mafia’ quando non si poteva, a scoperchiare, chiarire, ricostruire, diffondere, spiegare nelle scuole. Lo ha fatto in molte forme, compresa la popolarissima newsletter ‘La catena di San Libero’. Lo ha fatto per tutta la vita, quasi sempre per due lire, spesso manco quelle. Oggi però Riccardo Orioles ha 67 anni, e forse dovremmo chiedergli tutti insieme di smettere. Che vada a godersi la sua pensione! Quella che ha è di vecchiaia, e ammonta a meno di 500 euro al mese. Sono stati perciò i suoi collaboratori a chiedere ciò che gli spetta di diritto. Un grazie da parte di tutti noi. E ‘un goditi la vecchiaia’, sotto forma di denaro. Un ‘vitalizio’ di 1.800 euro al mese, esentasse. Roba da far girare la testa. Eppure mai la libertà di un popolo, e il diritto di sapere, sono costati così poco.