Due madri sole e due bambine. Quattro destini che si incrociano e si attorcigliano fin dai cordoni ombelicali, in un susseguirsi di colpi di scena che, per viverne la metà, non basterebbero sei vite. Poteva essere una telenovela sudamericana, e se invece ‘Madres paralelas’ è un capolavoro, lo si deve esclusivamente a due fattori, entrambi determinanti: il fatto che alla regia ci sia Pedro Almodòvar e che l’attrice protagonista sia Penélope Cruz.

La pellicola (2021, Spagna, 120 minuti, candidato al Leone d’oro a Venezia come miglior film) è godibile ed emozionale, e in più ha il pregio di aggiungere alla coscienza collettiva spagnola un prezioso tassello nel percorso ancora lungo di metabolizzazione del franchismo. Sullo sfondo delle vicende umane di Janis (Penelope Cruz) – fotografa, madre single e a sua volta erede di una famiglia senza uomini – c’è infatti il desiderio delle anziane donne del piccolo pueblo di provincia dove è nata di scavare là, dove si sa sono sepolti i loro padri, per concedere a quei desaparecidos una degna sepoltura dopo così tanto tempo e potere finalmente guardare avanti.

La seconda storia è quella di Ana, madre adolescente, figlia di una famiglia borghese e agiata che non si è mai preoccupata di lei, rimasta incinta senza averlo voluto. I destini delle due donne e delle loro neaonate si incrociano durante il travaglio per non sbrogliarsi mai più. Quattro donne in balia degli eventi, le cui vite si mescolano con una tale violenza che alla fine i relativi nomi, cognomi, volti e futuro risulteranno indistinguibili tra loro, in un parallelismo perfettamente funzionante con le vicende di quegli uomini antichi, i cui brandelli di corpo si sono mischiati sottoterra per così tanti anni che soltanto il lavoro di un anatomopatologo, e poi l’esame del Dna, saprà donare di nuovo singolarità e finalmente riposo.

Questo è l’ordito di una trama che, se dissezionata e poi ordinata su un tavolo come quei resti antichi di desaparecidos, risulterebbe lineare, forse anche banale. E’ il loro intreccio di sentimenti, empatie, errori e rimozioni a farne invece un lavoro da maestro. Capace di scuotere le fondamenta di una nazione e costituirle anzi, laddove un nuovo presente era stato edificato sull’illusione, e sulla rimozione. Operazione giustificabile allora, ma non più accettabile oggi.

‘Madres paralelas’ va dunque visto, è inevitabile. E subito dopo, se serve, va perdonato: forse c’era un modo più rigoroso per raccontare la Storia rimossa di Spagna. Ma di sicuro non c’era un modo più attuale. E più potente.