Giovedì 18 Aprile 2024

Dieta da spiaggia: lasagne addio, vince l'insalata

Menu salutisti per tre famiglie su dieci. Come cambia il cibo consumato al mare

Famiglia sulla spiaggia, foto di repertorio

Famiglia sulla spiaggia, foto di repertorio

Roma, 10 giugno 2018 - Con la decisa svolta salutistica degli italiani cambia profondamente il menu da spiaggia con più di uno su quattro (27%) che porta da casa insalata di riso, pasta, pollo o mare e appena il 5% le tradizionali lasagne. E’ quanto emerge dall’indagine Coldiretti/Ixé che ha tracciato la classifica dei menu da spiaggia degli italiani in occasione dell’avvio della stagione estiva. Se in testa alle preferenze per l’ora di pranzo sotto l’ombrellone c’è quindi - sottolinea la Coldiretti - l’insalata di riso o di pollo o di mare, tra il popolo del pranzo al sacco seguono la caprese (19%) e la macedonia che sale sul podio con il 18%. Non manca però chi continua a mettere tra i piatti preferiti le ricette più radicate della tradizione popolare come l’ipercalorica parmigiana che è ancora irrinunciabile per il 6% o la frittata di verdure o pasta che resta la prima scelta per il 9% mentre appena il 3% è affezionato alle gustose polpette. L’attenzione all’alimentazione - sottolinea la Coldiretti - è diventata un obiettivo degli italiani anche in spiaggia dovei si cerca di limitare le trasgressioni per mantenersi in forma. La novità dell’estate 2018 in Italia è proprio - continua la Coldiretti - il forte aumento della richiesta di benessere a tavola che si allarga dal supermercato ai ristoranti fino ai pranzi al sacco che tornano prepotentemente tra gli italiani in riva al mare. Anche se non mancano i divieti negli stabilimenti, torna di fatto soprattutto nelle gite in giornata la gavetta con i piatti preparati a casa sotto la spinta di una svolta salutista che porta a scegliere con cura i cibi da consumare.

di VIVIANA PONCHIA

La coda, il catrame, la lasagna. Niente rimaneva sullo stomaco sulle strade del mare di quei tempi là, quando Spotorno si raggiungeva in Millecento. L’ombrellone e le valigie viaggiavano fiduciosi sul tetto strette dagli elastici, con il nailon antipioggia che sbatacchiava e andava rimboccato. Le cose più care stavano pigiate dentro: i bambini sulle ginocchia dei grandi, il pranzo stretto fra i piedi per non fare colare l’olio. Non poteva bastare una focaccia. Sulla spiaggia andava ricreata la rasserenante routine di un pasto vero, festoso e ipercalorico. Paste pasticciate, avanzi resuscitati, proposte veramente incongrue annegate nella besciamella. E la fatale parmigiana. Per forza non si poteva fare subito il bagno. Non per il rischio congestione, poi ridotto a leggenda, ma per avere l’alibi di abbioccarsi all’ombra cullati da una nausea leggera.

I BAMBINI erano magri, portatori sani di antiche denutrizioni, a parte uno ogni tanto, immortalato nelle fotografie con la pancia e lo sbaffo di pizza o di gelato. Magri e sempre affamati, tenuti a bada da un ghiacciolo al limone fino alla fatidica apertura della gavetta. Magri e abbronzati già al secondo giorno dopo un rapido spellamento che madri incolpevoli lenivano sotto il sole a picco con l’extravergine di oliva. Non si andava in vacanza in ordine sparso ma tutti assieme perché le famiglie erano monoliti e uno solo aveva la patente. E una volta spiaggiati lì si restava, limitandosi a cuocere davanti e dietro in attesa del bagno, quando alle donne spuntavano in testa le formidabili cuffie con le margherite. Erano giorni da neofiti senza protezione solare e senza il pdf del dietologo sull’Ipad. Le sdraio erano scomode e risucchiavano la nonna e per abbronzarsi dietro bisognava stendere il telo, anche sui sassi di Ospedaletti. Nessuno poteva immaginare che un giorno alle 11 ci sarebbe stata lezione di acquagym. Preceduta e seguita da yoga, zumba, fit walking, beach volley, beach tennis, corso di cucina vegana, lettura di fiabe, massaggi thailandesi, shiatsu.

QUEL GIORNO le spiagge si sarebbero popolate di divinità adulte scolpite in palestra e bambini grassocci a caccia di password per il wi fi. Ci sarebbero stati spruzzi di acqua aromatizzata da getti invisibili, niente trielina al bar per la scomparsa del catrame ma in compenso molto sushi. Così eccoci qui senza più lasagne, in guerra con la ruga e il melanoma, insofferenti al sale sulla pelle. Meno spontanei e con un po’ di nostalgia per quella noia che allagava l’estate e ne era parte, come la mosca e la zanzara. Pensiamo alla salute. Chi non può permettersi di pagare 20 euro per un po’ di valeriana scondita a bordo mare si porta da casa l’insalata di riso e la macedonia, i più vintage una frittata e due polpette. Sappiamo tutto sul licopene e il carotene. L’albicocca va bene fresca a merenda e poi spiaccicata in faccia a casa per togliere il rossore. Per i gestori degli stabilimenti è dura vedere spuntare a tradimento anche solo una caprese e niente pranzo al sacco è la legge di molti, che guardano storto anche chi si porta la minerale. Questo mare nostro è roba da professionisti che scalano la protezione dal 50 al 20, fanno dieci chilometri di corsa prima di mettersi in costume, contano le calorie. E sul cellulare, in testa alla play list, hanno tutti il rumore del mare.