Martedì 23 Aprile 2024

Ecco cosa succede alla nostra testa in alta montagna

Una ricerca italo-austriaca ha esaminato la componente psicologica delle psicosi ad alta quota, scoprendo che sono ben diverse dal mal di montagna

Ad alta quota si innescano imeccanismi psicologici della psicosi - foto koonyongyut istock

Ad alta quota si innescano imeccanismi psicologici della psicosi - foto koonyongyut istock

L'uomo ama la montagna, ma non sempre viene ricambiato. Il mal di montagna è uno degli esempi più classici di come la montagna cerchi di tenerci lontano da sé. Un altro è la 'psicosi ad alta quota' ed è appena stata individuata da un gruppo congiunto di ricercatori italiani (Eurac Research) e austriaci (Università di Medicina di Innsbruck) in Austria. Sembra che ad altitudini di oltre 7.000 metri si manifestino allucinazioni estreme classificabili scientificamente come psicosi temporanee. E si tratta di una cosa distinta dal mal di montagna classico, dove gioca un ruolo nuovo la componente psicologica. COSA SUCCEDE AD ALTA QUOTA Nella storia ci sono stati molti casi documentati di alpinisti che hanno avuto episodi psicotici ad altitudini estreme. Si tratta di allucinazioni visive e uditive, come vedere del movimento dove in realtà non c'è o ascoltare voci umane o musica. E c'è anche un tipo di illusione definita 'somestetica', altrimenti detta 'Il Fattore Terzo Uomo', ovvero quando un alpinista percepisce come un'altra presenza che sta scalando con lui. Finora queste allucinazioni sono state attribuite alla difficoltà del corpo nell'adattarsi alle basse quantità di ossigeno nell'aria quando si sale ad alta quota. Quando questo avviene, si verificano sintomi come mal di testa, letargia, vertigini, nausea, insonnia, sanguinamento negli occhi e, in casi estremi, edema cerebrale (l'eccesso di liquido nel cervello e nei polmoni), ritenuto responsabile delle allucinazioni. LA NUOVA SCOPERTA Ma ora il team di ricercatori ha scoperto che queste allucinazioni sono un fenomeno che non c'entra nulla con quanto si credeva. La loro indagine ha riguardato 83 segnalazioni di episodi psicotici collegati all'arrampicata in montagna, di cui hanno analizzato i sintomi. Si è giunti così alla conclusione che alcuni sintomi erano “puramente psicotici”, spiega Hermann Brugger, capo dell'Istituto di medicina di emergenza in montagna presso Eurac Research, “cioè, anche se sono effettivamente legati all'altitudine, non possono essere attribuiti a un edema cerebrale di alta quota, né ad altri fattori organici come perdita di liquidi, infezioni o malattie organiche." I MOTIVI DELLE PSICOSI DA ALTA QUOTA La ricerca, che è stata pubblicata sulla rivista 'Psychological Medicine', non è riuscita a definire i motivi di queste psicosi temporanee. Se la carenza di ossigeno può certamente avere un ruolo, esiste anche una componente puramente psicologica determinata dalla solitudine aggravata da condizioni ambientali molto difficili (in coerenza con la teorie del Terzo Uomo). In ogni caso è acclarato che una volta tornati a un'altitudine di sicurezza, i sintomi scompaiono e non ci sono effetti duraturi. LE CONSEGUENZE PRATICHE La scoperta potrebbe contribuire ad aiutare gli alpinisti a prepararsi meglio per la permanenza in alta quota e mettere in atto strategie nel caso di trovassero colpiti da fenomeni di psicosi. E “L'indagine potrebbe fornire indicazioni importanti per la comprensione delle malattie psichiatriche come la schizofrenia", dichiara la co-autrice Katharina Hüfner dell'Università di Medicina Innsbruck.